FVG: decrescita continua
- Redazione
- Articolo
La regione Friuli Venezia Giulia regge meglio delle altre, la crescita del Friuli Venezia Giulia deve arrivare dall'Unione Europea, in Friuli Venezia Giulia sta tirando molto il terziario, il turismo vale il 13% del Pil regionale, il no a un investimento manifatturiero di 2, 4 miliardi è motivato dagli studi commissionati dalla RA-Fvg, Metinvest-Danieli (proponenti) trovino il sito giusto in Italia per realizzare l'investimento, l'export del Friuli Venezia Giulia vola, i problemi attuali della Giunta regionale sono stati ereditati, se va bene è merito della politica regionale, se va male è colpa dell'Europa e/o della Germania. Sono affermazioni fatte dai politici locali in questi anni. La tabella in basso a sinistra dice che l'economia della nostra regione "non regge meglio delle altre" perché il Friuli Venezia Giulia degli ultimi 20 anni è, in realtà, … in decrescita.
Calo demografico
Siamo la "pecora nera" del Nordest (+6,1% con noi, +8,2% senza di noi), in quanto ben lontani da Trentino Alto Adige (+15,3%), Emilia Romagna (+8,2) e Veneto (+4,1%) e anche dal Nordovest (+4,8%) mentre l'Italia è ferma (+0,1%).
L'eredità
Il terziario "tira" l'economia del Friuli Venezia Giulia? I dati ufficiali Istat dicono che l'economia della regione nel periodo 2008-2021 registra un Pil in calo del 6,1% dovuto alla flessione del 7,2% del settore industriale e del 4,8% di quello terziario. La conclusione? Il calo dell'economia è dovuto al settore industriale e a quello terziario capace, il secondo, solo di arretrare a un ritmo meno intenso. Rileva sottolineare, peraltro, che il settore turistico valeva il 4,2% del Pil totale nel 1995 totale e il 3,9% nel 2021.
La congiuntura
Cosa succederà
La conclusione
Rilancio economico e percorsi condivisi
- Redazione
- Articolo
Articolo pubblicato l'8 settembre 2923 sul Messaggero Veneto con il titolo "Un percorso condiviso per rilanciare l'economia".
L'economista Mattioni analizza il momento e la decisione della Regione «Politica, parti sociali e portatori di interesse devono farsene carico» La re-industrializzazione va guidata e gestita Così ripartirà lo sviluppo economico e sociale.
Guidare la re-industrializzazione
- Redazione
- Articolo
Articolo di Fulvio Mattioni pubblicato sul "Messaggero Veneto" del 3 Settembre 2023 con il titolo La re-industrializzazione va guidata e gestita Così ripartirà lo sviluppo economico e sociale
L'economista Mattioni analizza il momento e la decisione della Regione - «Politica, parti sociali e portatori di interesse devono farsene carico»
U
na re-industrializzazione salvifica e sostenibile guidata e gestita dalla politica, dalle parti sociali e dai portatori di interesse dei territori interessati? ciò che urge all'Italia, al Friuli Venezia Giulia, al Friuli e, in particolare, alla provincia di Udine.
Ancor più urgente in una fase di forte rallentamento di una crescita economica già inadeguata (Pii italiano al +0,7% previsto per il 2023 dopo il +6,9% del 2021 e il 3,7% del 2022). Con tassi che saranno quasi certamente negativi nell'area friulana per le maggiori difficoltà incontrate da tempo oramai immemore.
Re-industrializzazione salvifica, dicevo, in quanto capace di far ripartire lo sviluppo economico e sociale nostrano. Ovvero di far crescere il reddito dell'economia e la quantità e la qualità del lavoro disponibile così da poter soddisfare un fabbisogno crescente di welfare e di perseguire il riequilibrio demografico.
Da realizzare, quest'ultimo, offrendo vere opportunità lavorative ai nostri giovani (non lavoretti terziari che li spingono verso espatri senza ritorno) e tornando a essere attrattivi per gli immigrati economici indispensabili al nostro asfittico mercato del lavoro.
Re-industrializzazione sostenibile perché radicalmente diversa da quella fin qui sperimentata essendo capace di rispettare l'ambiente e, se possibile, anzi, di risanarlo.
Non vi è, infatti, necessariamente conflitto tra manifattura e ambiente allorché tecnologia e innovazione sono utilizzate per renderne armonica la convivenza. Come non è affatto scontato che gli altri settori - pesca, agricoltura, turismo - siano necessariamente amichevoli rispetto all'ambiente. E non è affatto vero, infine, che il turismo sia un'alternativa realistica alla re-industrializzazione come, invece, immagina l'assessore regionale Sergio Bini allorché sogna un Pii turistico pari al 13% di quello dell'economia regionale. Adottando la metodologia del conto satellite del turismo dell'lstat - condivisa a livello internazionale - si scopre, invece, che in Fvg il comparto del turismo vale meno del 4% anche tenendo conto delle ricadute indirette su altri settori. Ed è vero - Istat docet - che nonostante l'esplosione del numero di presenze turistiche nell'area triestina (+75% in vent'anni) il risultato finale è negativo a causa del calo patito da quello udinese.
La re-industrializzazione sostenibile, peraltro, deve essere perseguita attraverso una politica regionale competente e trasparente ed essere condivisa con le forze sociali e i portatori di interesse. È la regola aurea per l'agire dell'operatore pubblico ma, purtroppo, è anche l'opposto di quanto avvenuto con il progetto di investimento proposto dal Gruppo Danieli nella Zona industriale dell'Aussa Corno. Progetto liquidato dall'assessore regionale che - per la «complessità della manifestazione di interesse» presentata, in seguito «agli approfondimenti svolti» e «tenuto conto delle osservazioni e valutazioni manifestate dai Comuni dell'area» - ha concluso che «nell'area industriale dell'Aussa Corno sia opportuno prediligere altre tipologie di in vestimento in una ottica di maggiore compatibilità con il territorio interessato». Valutazioni e decisioni prese nelle segrete stanze senza alcuna trasparenza e comunicate con veline telegrafiche su una vicenda che pende da oltre due anni. Che ha visto l'amministrazione regionale imporre la localizzazione del progetto in area industriale salvo poi contraddirsi concludendo che tale localizzazione è inadeguata. E, incredibile ma vero, con saltuarie dichiarazioni (apparse sui giornali) che davano a volte l'intero progetto come esistente, altre volte inesistente e altre ancora... carsico.
Per rimediare alle deficienze menzionate urge una approfondita e franca discussione pubblica.
Serve, pertanto, una sessione di lavori capace di far luce sull'intera vicenda. Organizzata come? Con la presentazione del progetto aziendale, la relazione sullo stato di salute della laguna, sui vincoli e le opportunità della localizzazione in zona industriale e, infine, con le relazioni che rendicontano i risultati degli studi commissionati dalla Regione su dragaggi, viabilità, immissioni in aria. Dovrebbero poi seguire le valutazioni del governatore e della politica tutta, delle categorie economiche, dei sindacati dei lavoratori, dei sindaci dei Comuni interessati, delle associazioni ambientaliste e del comitato no acciaieria.
L'obiettivo finale? Duplice. Primo, capire se vi sono le condizioni per le quali un investimento da 2,4 miliardi - che ha una valenza strategica nazionale e che nella provincia di Udine non è dato vedere dai tempi del terremoto del 1976 - possa essere compatibile con una opportuna localizzazione in zona industriale, essendo altresì rispettoso di tutti i vincoli che tutelano la laguna. Di più. Se l’investimento proposto - per le caratteristiche che dovranno essere rendicontate - possa essere un vantaggio per le imprese della zona industriale e le attività svolte in laguna.
E, secondo, praticare un metodo di lavoro che si consolida per progetti di investimento significativi.
Tre le condizioni in capo all'iniziativa: che non vi siano forzature quali il ricorso all'interesse strategico nazionale; che la localizzazione dell'iniziativa nella punta sud dell'Aussa Corno imposta dalla Regione sia abbandonata per fare spazio a una più opportuna; rendere pubblici gli studi commissionati. -
Friuli e re-industrializzazione sostenibile
- Redazione
- Articolo
Articolo di Fulvio Mattioni pubblicato su La Vita Cattolica del 30 agosto 2023.
C
on le ferie agli sgoccioli ci si interroga sulle prospettive economiche di breve e medio periodo del nostro Fvg ovvero come chiuderà l’anno in corso e cosa promette il biennio successivo. Caliamoci nella realtà considerando le prospettive vedasi la prima tabellina proposta riferite all’evoluzione dell’economia del Fvg rese dall’Ufficio regionale di statistica (luglio 2023). I numeri e la loro interpretazione sono chiarissimi.
Dicono che:
1) con la fine del 2022 il meglio è decisamente alle nostre spalle;
2) con il 2023, infatti, il Pil patisce un crollo (precipita dal 4% dell’anno precedente all’1,1%);
3) il tracollo dipende dalla picchiata (verso il basso) dei consumi delle famiglie (+0,9% previsto nel 2022 contro il 5,3% del 2021) rese ultra-prudenti dall’andamento economico (e inflattivo) e dalle criticità del mercato del lavoro (Cassa integrazione in forte crescita) e dall’ulteriore calo del reddito atteso nel settore manifatturiero (-1,9% nel 2023 dopo il -0,8% del 2022);
4) il settore edilizio si sgonfia venendo meno i vari bonus di cui ha goduto.
Conclusione?
Mala tempora currunt!
E nel biennio 2024-2025 le prospettive peggiorano: +0,9% del Pil in entrambi gli anni. È altresì cruciale considerare l’eredità economica accumulata dal nostro Fvg nel nuovo millennio onde poter valutare la situazione complessiva (la seconda tabellina ci è d’aiuto). Anche in questo caso gli aspetti che se ne ricavano sono di facile lettura ed interpretazione.
Negli ultimi 20 anni (2002 2021), il Pil italiano è cresciuto di un nulla (+0,1%) a fronte a fronte di una crescita del Nord-Est (6,1%) e del Nord-Ovest (4,8%). Il traino del Nord-Est è sospinto dal Trentino A.A. (+15,3%), dall’Emilia R. (+8,2%) e dal Veneto (+4,1%). Il nostro Fvg sperimenta una decrescita infelice (-3,3%). Che, limitatamente al sottoperiodo 2008-2021 risulta ancor più profonda: -7,6%! Un risultato, in entrambi i periodi, peggiore del dato medio italiano comprensivo di quello del nostro Mezzogiorno.
E dunque?
Non solo la congiuntura non risulta affatto simpatica (il dato atteso del 2023 è sconfortante), non solo le aspettative per il biennio successivo sono deprimenti, ma entrambe si innestano in un lungo periodo negativo che tra dati storici e previsionali racchiude un quarto di secolo.
Infine, vale senz’altro la pena di soffermarsi su due aspetti utili per un necessario (e urgente) confezionamento di una strategia regionale anti-decrescita infelice.
A che (chi) serve l’autonomia speciale, altrimenti?
Il primo di essi parte dall’individuazione della causa settoriale della decrescita infelice nostrana ed il secondo dalla prevalente localizzazione territoriale della stessa.
La decrescita infelice (del reddito, dapprima, e della società, poi) si origina con la de-industrializzazione patita dal Fvg. Deindustrializzazione che ha impattato sull’area friulana concentrandosi, tuttavia, in maniera virulenta nella ex provincia di Udine. De-industrializzazione che ha diradato, purtroppo, l’offerta di retribuzioni di buon livello, durature nel tempo, impermeabili al lavoro nero.
La reindustrializzazione qualificata e sostenibile dell’area friulana e della ex-provincia di Udine, pertanto, è la risposta che deve diventare una strategia di lungo periodo e l’obiettivo strategico di una politica economica da mettere in capo all’autonomia speciale.
Da subito, però, perché cruciale anche nel contrastare la fuga all’estero (senza ritorno) dei nostri diplomati e laureati che non si accontentano dei “lavoretti” precari offerti da un terziario poco qualificato e da un settore turistico “anni Sessanta” qual è quello prevalente nell’area friulana. Chi pensa che tale settore possa essere il motore della crescita futura dell’area sbaglia almeno due volte: perché non è affatto un settore portante dell’economia regionale (non rappresenta il 13% del Pil regionale come è stato detto e scritto bensì, a stento, il 4%) e perché, a fronte del quasi raddoppio della sua importanza nell’area triestina (dove è vera industria turistica), ha perso di importanza in quella udinese e goriziana a causa della prevalente connotazione di speculazione edilizia.
Al lavoro per confezionare un duraturo progetto “RilanciaFriuli”, dunque!
Un salutare stimolo competitivo?
Quello “RilanciaTrieste” è in atto da tempo. Ed i buoni risultati si vedono.
Fulvio Mattioni (economista, RilanciaFriuli)
SOS Povertà & Lavoro Povero
- Redazione
- Articolo
I
n margine del convegno Rilanciafriuli "SOS Povertà & Lavoro Povero" del 9 dicembre 2022, il Messaggero Veneto pubblica l'articolo "Incontro sul RdC - Il sistema non favorisce un reinserimento"
Presenti in sala il consigliere comunale Federico Pirone, il consigliere regionale Franco Iacop, il sindaco di San Giorgio di Nogaro Pietro Del Frate, l'ex rettore Alberto Felice De Toni.
I numeri della povertà
Il tema della serata è stato introdotto da Mattioni, che oltre ad aver pungolato la politica sulla necessità di far valere l'autonomia regionale per rispondere all'incremento della povertà sul territorio, ha fornito una serie di numeri sulle fasce della popolazione più in difficoltà: «In Fvg i poveri relativi sono 100 mila (l'8,3% dei residenti), i "bisognosi" assistiti dal Banco Alimentare sono 31.700 (nel 2021). Ma è una situazione probabilmente sottostimata». La misura di sostegno al reddito è costata 19,8 miliardi con un'erogazione media mensile di 560 euro a nucleo familiare. Risorse che, per Mattioni, «hanno ridotto di mezzo milione le persone indigenti nel 2019 e ne hanno limitato il boom nel 2020 e 2021. La nostra autonomia può consentirci di fare meglio rispetto al resto del Paese? ».
Cosa può fare la Regione Fvg?
«Una misura per dare supporto alle persone con i redditi più bassi è certamente necessaria - ha detto Moretuzzo -, ma non con le caratteristiche del reddito di cittadinanza. Vedo complicato mantenere nella stessa misura la tutela sociale e l'avvicinamento al lavoro, quindi andrebbero pensati strumenti diversificati. Purtroppo in questa fase - ha evidenziato il consigliere del Patto per l'Autonomia - la politica è poco attenta alla distribuzione equa della ricchezza, preferendo concentrarsi su altre questioni come la Flat tax». «È importante far valere la specialità del Fvg, in quanto più le scelte vengono portate vicino al territorio e meglio è».
Servizi per le donne.
Se anche Della Ricca è convinta di dover mettere mano al reddito di cittadinanza, Celotti ha spostato l'attenzione «sui servizi da garantire sulla base dei bisogni sociali. Penso a ciò che può consentire alle madri di rientrare nel mondo del lavoro, dando modo di accrescere le entrare di quelle famiglie che, senza il giusto supporto, devono mantenersi solo sul reddito del padre». L'auspicio dell'esponente dem è che il reddito di cittadinanza, «nato in un momento di urgenza, venga rivisto con la calma necessaria, senza procedere a tagli con l'accetta». Il rischio, in caso contrario, è che le fasce di popolazione senza sussidio statale si rifacciano sui Comuni, mettendoli ancor più in difficoltà economicamente.
Il tema del lavoro
La discussione si è quindi spostata sul lavoro. In questo ambito, sempre Morettuzzo, ha auspicato una gestione locale del codice degli appalti, sull'esempio di quanto già avviene in Alto Adige, «in modo da consentire ai Comuni di affidare alcuni lavori in tempi rapidi, come ad esempio gli sfalci, coinvolgendo realtà come le cooperative sociali per l'impiego di persone che attualmente si trovano fuori dal mercato del lavoro». Un suggerimento che, associato a una misura di sostegno al reddito di carattere locale, darebbe impulso anche al mercato del lavoro, venendo incontro alle esigenze dei Comuni e limitando al massimo il rischio di un altro "caso Tundo", e cioè dell'appalto del trasporto scolastico affidato a una ditta pugliese che non è stata in grado di garantire la continuità del servizio
Altri articoli del sito connessi al tema della ⇒ Povertà
Crescita apparente e difficoltà evidente del FVG
- Redazione
- Articolo
Articolo di Fulvio Mattioni pubblicato il 25 maggio 2023 sul "Messaggero Veneto" con il titolo "La crescita apparente del Pil e le difficoltà del Friuli".
fulvio mattioni
Un recente articolo sulla crescita del Pil nel 2023 in Friuli venezia Giulia potrebbe favorire la formazione di idee bizzarre quanto erronee. Spieghiamo dapprima perché sono tali e, in seguito, proponiamo un antidoto ad entrambe.
La definizione di "Nordest allargato" è una mera trovata che non ha senso alcuno: sommare il peso economico della Lombardia a quello del Nordest, infatti, è un nonsenso economico, geografico e politico. Per il solo piacere del lettore, peraltro, facciamo osservare che il Centro "allargato" (Toscana, Umbria, Lazio e Marche) ha un peso simile a quello del Nordest "allargato" mentre il Mezzogiorno "allargato" è di gran lunga più importante.
Il Nordest non è la locomotiva d'Italia: infatti, rappresenta il 23,2% del Pil della stessa [v. Tabella a sinistra] ed è pressoché fermo su tale valore da almeno un quindicennio. Le sue due economie più importanti sono l'Emilia Romagna (9,2% del Pil italiano nel 2022) e il Veneto (idem) producendo, assieme, quasi l'80% del Pil dell'intera macro-ripartizione mentre a Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia spetta il restante 20%.
Il Friuli Venezia Giulia, inoltre, è l'unica regione del Nordest che non concorre positivamente alla crescita del Pil nel periodo 2008-2022 oltre a essere quella più leggera. Il passaggio dal 2019 al 2022, purtroppo, (e, di conseguenza, tutti gli interventi posti in essere dalla Regione Autonoma Fvg) non ha prodotto alcun risultato apprezzabile sull'importanza rivestita all'interno del Nordest.
Facciamo presenti tre aspetti cruciali:
1) il dato 2023 è un dato previsionale che, se a livello nazionale può fondarsi sui dati congiunturali del trimestre gennaio-marzo 2023, a livello regionale non trova alcun fondamento statistico mancando il dato consuntivo del 2022;
2) sarebbe interessante se Confindustria Udine chiedesse all'Istat (come è stato fatto in passato) di fornire una stima di livello provinciale. Il dato provinciale, infatti, diverge dal dato regionale e sempre a sfavore della ex-provincia udinese. Emergerebbe, così, l'urgenza di mettere in campo un progetto di rilancio della manifattura udinese, tracollata negli ultimi 15 anni.
3) più in generale, serve prendere atto della situazione da cui riparte la legislatura 2023-2027 e, auspicabilmente, dove si vuole che essa arrivi.
La tabella a destra rendiconta i risultati ottenuti in termini di evoluzione del Pil dall'economia del Friuli Venezia Giulia nelle ultime 4 legislature. Il dato eclatante? Lo scarso risultato ottenuto nell'ultima legislatura (+3% appena), nonostante l'ampia spesa pubblica messa in campo grazie alle risorse del Pnrr e dell'accordo sottoscritto dalla Regione con il Governo sulla finanza pubblica. Ciò è dovuto a una spesa "a pioggia" (condizionata da esigenze elettorali) che, come è noto, produce magri effetti moltiplicativi ed un impatto marginale sulla crescita economica.
Esaminiamo infine il presente (2023) e la prospettiva (2024) in termini di evoluzione del Pil. Prendere atto, innanzitutto, che il meglio, purtroppo, è già alle nostre spalle.
Il Fvg non crescerà certo del 6, 1% (come nel 2021) o del 3,6% (2022) bensì – secondo previsioni ottimistiche – dello 0,8% quest'anno e di una cifra simile in quello successivo. Ma che nel caso nostrano, anche se azzeccate, comporteranno una stagnazione o addirittura una flessione dell'area friulana e di quella udinese in particolare.
Serve, dunque, una unità istituzionale di intenti e di sforzi per contrastare una prospettiva che è di stagnazione per l'85% del territorio regionale, destinata a produrre effetti negativi sulla quantità e qualità dell'occupazione nostrana, a rinforzare gli "espatri senza ritorno" dei nostri giovani e lo scarso appeal verso immigrati economici preziosi per la nostra economia.
L'antidoto.
Il primo passo per il suo confezionamento consiste nel condividere una lettura realistica della realtà regionale e provinciale basata su dati ufficiali e consolidati e su quelli di prospettiva – anch'essi, però, ufficiali e non frutto di bizzarre fantasie – sui quali chiamare la politica tutta (di maggioranza e di opposizione) ad esprimere valutazioni ed unità di intenti nel contrastare i tempi duri che il Fvg (più ancora il Friuli e vieppiù la provincia di Udine) ha di fronte.
Come?
Con una iniziativa che "RilanciaFriuli" si rende disponibile a promuovere, in tempi urgentemente brevi.
Il suo vantaggio?
La possibilità di rafforzare la resilienza economica e sociale del Fvg messa a rischio dalle suddette previsioni e rassicurare i cittadini che la politica non intende galleggiare su allori (solo presunti, sic!) ma che svolge un ruolo indispensabile.
Vi pare poco?
Fulvio Mattioni, economista "RilanciaFriuli"
Lavoro più precario in FVG
- Redazione
- Articolo
Articolo di Fulvio Mattioni e Roberto Muradore pubblicato sul "Messaggero Veneto" del 18 aprile 2023 con il titolo "Il declino del lavoro in regione - Sermpre più precario e sottopagato".
Èprofondamente dannoso e sbagliato conteggiare i contratti attivati e cessati da lavoratori e datori di lavoro per spiegare la situazione mercato-lavoristica del nostro Fvg.
Sbagliato perché:
1) il numero dei contratti non coincide con quello dei lavoratori. Il lavoratore, infatti- recita la nota metodologica dell'Inps, fonte dei dati - può risultare coinvolto in una pluralità di contratti nell'arco temporale osservato;
2) sono dati amministrativi (significa che non sono certi poiché possono variare nel periodo in esame) e non statistici (ovvero corretti da eventuali errori e/o variazioni all'interno dell'arco di tempo esaminato);
3) i contratti non quantificano il tempo di utilizzo effettivo del lavoratore nell'unità di tempo.
Dannoso perché la rappresentazione sbagliata del fenomeno mercato-lavoristico offerta alla politica nostrana, all'amministrazione regionale competente, ai sindacati dei lavoratori e delle imprese e all'opinione pubblica induce a pensare che all'aumento dei contratti corrisponda un aumento occupazionale.
A che serve, allora, la contabilità sui contratti?
Lo ha esplicitato lo stesso Inps denominando tale conteggio "Osservatorio sul precariato", ovvero farsi una idea delle tipologie contrattuali sottoscritte tra lavoratori e datori di lavoro.
E l'idea che emerge dai dati riferiti al Fvg è chiara: una elevatissima precarietà dei lavoratori in quanto i contratti attivati a tempo indeterminato sono una quota marginale (il 14,5% nel 2022, ma è stata pressoché identica negli ultimi 9 anni), mentre i contratti a termine sono il 39,9%, quelli di apprendistato il 4,6%, quelli stagionali il 10, 5%, i contratti in somministrazione il 20,3% e i contratti intermittenti il restante 10, 3%.
La variazione della quantità di lavoro utilizzato dall'economia, invece, può essere misurata con certezza attraverso l'individuazione della quantità di ore lavorate.
Altrettanto certo, inoltre, è che lo stato di benessere dei lavoratori può essere certificato dalle retribuzioni percepite su base annua. Tali indicatori esistono e sono, nell'ordine, le ore lavorate (fonte: Istat) e la retribuzione annua pagata ai dipendenti (fonte: Inps).
La tabella a sinistra rendiconta le ore lavorate nell'economia del Fvg negli anni 2000, 2007, 2019 e 2022 e la loro suddivisione nei principali macrosettori nostrani: quello industriale e quello terziario.
Quali le principali considerazioni da trarre?
La prima colonna dice che in oltre 20 anni l'economia del Fvg perde 37 milioni di ore lavorate (dai 960 milioni del 2000 ai 923 milioni del 2022) ovvero quasi 24mila lavoratori e che, rispetto all'anno pre-Grande Crisi (il 2007), la perdita è di 88 milioni di ore lavorate corrisponde a un taglio occupazionale di ben 53mila addetti a tempo pieno!
La seconda colonna, sempre a destra, individua il principale responsabile del tracollo occupazionale nel settore manifatturiero: -21,4% le ore lavorate nel 2022 rispetto al 2000 e -16,8%, sempre nel 2022, rispetto al 2007.
La terza colonna chiarisce che il recupero del settore edilizio nel 2022 è dovuto al superbonus che, però, vedrà esaurire i suoi effetti congiunturali entro il 2023.
La quarta colonna e ultima, rileva che il 2022 non recupera i valori di attività del 2019 nonostante la dovizia di risorse pubbliche impegnate dalla nostra regione e messe in campo dall'Ue tramite il Pnrr.
E', purtroppo, drasticamente calata la quantità di lavoro distribuita dall'economia nostrana, fatto che spiega la "Decrescita Infelice" del reddito patita dal Fvg (e dall'area friulana in particolare), la fuga dei nostri giovani all'estero e il venir meno dell'appeal esercitato dal Friuli verso gli immigrati economici.
L'Italia si fonda sul lavoro dignitoso e così pure il nostro Fvg |
Il secondo aspetto, quello della qualità del lavoro, è, forse, ancor più sconvolgente perché inesplorato.
I dati Inps riferiti al lavoro dipendente (privato) del nostro Fvg, infatti, mostrano la diffusione dei cosiddetti "working poors", persone che pur lavorando sono povere.
Lo sono principalmente perché costrette a forme di part-time "involontario" non volute perché inadeguate rispetto ai loro fabbisogni vitali.
Osservando la retribuzione annua pagata dai datori di lavoro agli oltre 360mila dipendenti privati del Fvg nell'anno 2021, infatti, emerge la piaga dei lavoratori a rischio di povertà e di esclusione sociale. Sono senz'altro tali i 45mila lavoratori (pari al 12,5% dei 360mila totali) che percepiscono una retribuzione inferiore ai 5mila euro annui. Ad essi, tuttavia, vanno aggiunti i quasi 37mila che vivono con una retribuzione compresa tra i 5mila ed i 10mila euro annui. Siamo così arrivati a quasi 82mila lavoratori, pari al 22,6% del totale Fvg, accomunati dal fatto di collocarsi sotto o nei dintorni della soglia di povertà!
Lavoratori poveri perché svolgono lavori precari e malpagati.
Urgono strumenti pubblici che restituiscano dignità al lavoro ed ai lavoratori.
Altro che pensare ad immiserire retribuzioni già povere o, come ventilato da qualcuno, a reperire manodopera qualificata all'estero.
L'Italia, del resto, si fonda sul lavoro dignitoso e così pure il nostro Fvg.
Al lavoro!
Pagina 3 di 6