(Tutela delle condizioni di lavoro). L'imprenditore e' tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarita' del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrita' fisica e la personalita' morale dei prestatori di lavoro.
— Art. 2087 Codice Civile- Fulvio Mattioni
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Articolo di Fulvio Mattioni pubblicato su "La Vita Cattolica" del 12 ottobre 2022 con il titolo "Denatalità più grave in Friuli-VG - L’ora di provvedimenti poderosi". La politica se ama il proprio territorio non può continuare a chiamarsi fuori, a mettere in campo solo pannicelli caldi
Il tema è semplicemente vitale per la società e l’economia italiana. Lo è già da tempo e diventerà vieppiù “scottante” perché forgia una società con sempre più anziani e culle vuote, da un lato, e meno persone in età lavorativa, dall’altro.
Il risultato finale?
Fabbisogni di Welfare giganteschi ed economia nana, impossibilitata a soddisfarli. Impatti perversi che hanno già portato a dolorosi tagli di spesa e di dipendenti pubblici in sanità, assistenza, istruzione, Enti locali, ecc..
Quale tema, dunque?
Quello degli andamenti demografici e della denatalità, in particolare, e di come fronteggiarla.
Il drammatico caso del declino giapponese degli ultimi 25 anni non ci ha insegnato niente?
Tema divenuto cruciale e strategico per la nostra Italia (Giappone d’Europa in quanto a declino) posto che è il Paese con la popolazione più anziana dell’Unione Europea (UE) a 27 Stati membri, che si trova al terz’ultimo posto con riferimento al tasso di fertilità, che evidenzia un tracollo della natalità nel periodo più recente, che accusa un ridimensionamento delle persone in età lavorativa e che è l’unico (tralasciando la piccola Grecia) ad avere sperimentato la decrescita infelice del reddito (e non solo).
Tema, dunque, che avrebbe meritato una doverosa centralità nei programmi elettorali dei partiti che hanno preso più voti nelle elezioni del 25 settembre scorso. Ma che così non è stato. Un paio di essi nemmeno lo accennano, altri tre lo trattano in maniera telegrafica ed uno solo vi dedica una intera pagina attingendo a piene mani dal cosiddetto “Family Act” divenuto legge, in Italia, da pochi mesi.
Davvero la natalità è così importante per la società e l’economia italiana e per il nostro Friuli V.G.?
Valutiamo alcuni dati che rendono evidente la risposta iniziando dall’andamento del tasso di fertilità all’interno della UE a 27. Il numero medio di figli per donna (in età feconda: cioè dai 15 ai 49 anni) è pari a 1,5 figli sia nella media comunitaria che dell’Eurozona. Numeretto assai misero visto che il valore minimo per avere un ricambio completo della popolazione dovrebbe essere superiore a 2. Tuttavia numeretto che sintetizza situazioni assai diversificate tra gli Stati comunitari.
La Francia si colloca nella posizione migliore (1,86 figli nel 2019, anno non influenzato dal Covid, dopo aver raggiunto per diversi anni valori superiore a 2) mentre l’Italia si piazza – da tempo - in una posizione critica: al terz’ultimo posto della UE a 27 con un valore pari a 1,27 figli, sempre nel 2019. Da sottolineare che la Germania partendo da un valore peggiore di quello italiano (nel 2007) riesce a migliorarlo imitata in ciò dalla Polonia (5a economia comunitaria).
Il segreto del primato francese?
Incentivare la natalità premiando fortemente le famiglie che hanno più di due figli ed i nuclei familiari monoreddito perseguendo per tal via un chiaro e diretto obiettivo di sostegno demografico scollegato dal reddito posseduto dalle famiglie.
L’inversione di rotta tedesca, invece, è dovuta principalmente all’apertura crescente verso gli immigrati economici.
Ma che è accaduto intanto nel nostro Fvg?
Si è scesi da 1,35 figli per donna a 1,25 nel passaggio dal 2007 al 2019 e ciò a motivo del miglioramento della ex-provincia di Gorizia (che sale da 1,34 figli del 2007 a 1,39 nel 2019); della perdita limitata della ex-provincia di Trieste (da 1,25 a 1,22) e, soprattutto, a causa dell’arretramento patito da quelle di Pordenone (calo da 1,48 a 1,31) e Udine (contrazione da 130 a 1,18).
Parrebbe, quindi, che l’essere Regione a statuto speciale non sia d’aiuto nel contrasto della denatalità e nemmeno a fare meglio della modestissima media italiana! La natalità in valori assoluti dell’Italia?
Nei primi anni del 2000 si quantifica in un intorno di 540mila nuovi nati annui, tocca il valore massimo di 577mila nel 2008 grazie alla spinta propulsiva esercitata dalla comunità immigrata che allarga la propria famiglia perché lavora ed ha un progetto di vita da noi.
Il tracollo della natalità, invece, si consuma nell’arco temporale in cui prende corpo la “Grande Crisi” 2008-2013 e la “miniripresina” 2014-2019. Ovvero ben prima della crisi pandemica del 2020. Nel passaggio dal 2010 al 2019, infatti, rimangono vuote oltre 140mila culle di quelle riempite nel 2010 (-25,2%!). E nel 2021 si scende sotto la soglia psicologica dei 400mila nuovi nati.
In sintesi nel nostro Friuli V.G. il calo dei nati è pari al 27,6% con percentuali ancora più negative nell’area udinese e pordenonese a motivo del venir meno della loro attrattività nei confronti degli immigrati economici e per la fuga all’esterno (senza ritorno) dei nostri figli.
Nelle stesse aree, pertanto, è più consistente la riduzione delle persone in età lavorativa e la decrescita del reddito prodotto dall’economia. Fenomeni, entrambi, che raggiungono i livelli di sofferenza più accentuati nella ex-provincia di Udine.
Le contromisure da adottare a livello nazionale?
Un modello di promozione delle nascite che premia maggiormente le famiglie con 2 e più figli ed i nuclei monoreddito, che comprenda sia le famiglie indigene che quelle degli immigrati, che non premi i redditi familiari più elevati (il contrario, semmai), che valorizzi i servizi di cura alla natalità e all’infanzia.
Facciamoci, infine, una domanda: la specialità del Fvg può rendere più ricco il modello tratteggiato tenendo conto della maggior gravità assunta dal fenomeno nostrano?
Spetta alle forze politiche locali dare una risposta così da rendere più utile la loro partecipazione alle incombenti elezioni regionali.
- Redazione
- Articolo
Di 𝗙𝘂𝗹𝘃𝗶𝗼 𝗠𝗮𝘁𝘁𝗶𝗼𝗻𝗶 fresco di stampa ⇒ 𝗢𝗹𝘁𝗿𝗲 𝗹𝗮 𝗕𝗹𝗮 𝗯𝗹𝗮 𝗘𝗰𝗼𝗻𝗼𝗺𝘆. L'Italia che c'è, che verrà, che desideriamo. Orto della Cultura Ed., 13,00 € ⇒ https://bit.ly/3cZHcQB Amazon Feltrinelli
E gettato un masochistico discredito sul ruolo dello Stato in Economia e nel Welfare.
𝗢𝗹𝘁𝗿𝗲 𝗹𝗮 𝗕𝗹𝗮 𝗯𝗹𝗮 𝗘𝗰𝗼𝗻𝗼𝗺𝘆 vuole essere un 𝗩𝗮𝗱𝗲𝗺𝗲𝗰𝘂𝗺 𝗽𝗲𝗿 𝘀𝘂𝗽𝗲𝗿𝗮𝗿𝗲 𝗹𝗼 𝘀𝗺𝗮𝗿𝗿𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗜𝘁𝗮𝗹𝗶𝗮 𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲𝗻𝘁𝗲 e l’aura di neghittoso fatalismo sull’Italia che verrà.
I temi affrontati?
- La Next Generation-EU, la nuova salvifica strategia comunitaria contro il bradipismo dell’Eurozona e la Decrescita Infelice dell’Italia.
- L’eredità dell’Austerità Espansiva, la precedente strategia comunitaria: impoverimento, povertà estreme e lavoro inutilizzato.
- La Demografia italiana per lo sviluppo ed il Welfare ovvero il ruolo reale di giovani ed immigrati nell’economia e nella società nostrana.
- Più o meno Stato in Italia? Oltre la Bla bla Economy, evitando di continuare a farci del male.
La proposta? 𝗦𝗲𝘁𝘁𝗲 𝗶𝗱𝗲𝗲 𝗽𝗿𝗼𝗴𝗲𝘁𝘁𝘂𝗮𝗹𝗶 per crescita, lavoro, equità e coesione sociale.
Con tre qualificanti contributi di:
Giulio ROMANI, segretario Confederale CISL
Chiara BRUSINI, responsabile Economia del fattoquotidiano.it
Bruno TELLIA, sociologo Università di Udine
- Roberto Muradore
- Articolo
Articolo di Roberto Muradore pubblicato sul Messaggero Veneto del 13 settembre 2022 con il titolo "Caldo e sicurezza nodi per il lavoro"
Pochi giorni fa mi ha telefonato il mio amico Bruzio Bisignano, conosciuto e riconosciuto esperto di sicurezza sul lavoro, come me ex lavoratore Safau. Ci sentiamo abbastanza spesso per confrontarci su diverse questioni che, quasi sempre, attengono al mondo del lavoro e della produzione oltre che della sicurezza, ovviamente. Abbiamo parlato della recente ondata di caldo, erroneamente definita eccezionale. Bisignano mi ha posto il tema della tutela delle lavoratrici e dei lavoratori troppo spesso impegnati a produrre in ambienti decisamente inidonei che diventano un vero e proprio forno a causa di queste temperature africane. Mi ha ricordato, inoltre, come il caldo e il freddo spesso non compaiano nella "valutazione dei rischi" aziendali per cui non sono programmati neppure i relativi interventi.
Questa telefonata mi fatto ritornare in mente alcuni momenti della mia vita lavorativa e sindacale e sollecitato qualche considerazione più generale.
Sono entrato in Safau nel 1976 e ho lavorato sempre nel vecchio laminatoio di Udine. I lavoratori che con apposite tenaglie giravano e posizionavano i lingotti incandescenti, gli attrappori, nelle otto ore di lavoro fruivano di ripetute pause per complessive quattro ore. Quel vecchio laminatoio era stato sì nel tempo modificato per migliorare le condizioni di chi vi operava e aumentarne la produttività, ma più di quanto era stato fatto non era proprio possibile. Il lavoro era comunque rimasto molto duro e troppo caldo. Ecco il perché delle meritatissime e sudatissime pause.
Sull'ambiente l'attenzione è cresciuta mentre è scarsa quella per la condizione degli operai |
Verso la fine degli anni Novanta, coinvolto da un collega sindacalista metalmeccanico, intervenni in una fabbrica nella quale da qualche giorno le lavoratrici, a causa del gran caldo e dell'insufficiente ricambio d'aria, accusavano veri e propri mancamenti. L'incontro urgentemente richiesto all'azienda, dopo ripetuti rinvii, si tenne immediatamente quando le operaie si fermarono dal produrre senza, però, entrare in sciopero: ci si può rifiutare di eseguire lavori evidentemente nocivi per la propria e altrui salute restando a disposizione dell'azienda e, in questo modo, si mantiene il diritto alla retribuzione. Quell'imprenditore(?) negava tanto stupidamente quanto cinicamente ci fossero seri problemi e non dava alcuna risposta. Dopo inutili ore di discussione mi alzai dicendo che sarei andato alla prima stazione dei carabinieri per chiedere un loro intervento. A quel punto le nostre richieste furono prontamente accettate e vennero concordate le necessarie pause. I problemi strutturali connessi agli spazi e al ricircolo d'aria, però, non furono risolti in quanto il capannone era stato mal progettato in origine. Esiste, infatti, il grande problema che tantissimi opifici sono stati costruiti senza pensare molto o addirittura per niente alle condizioni di chi vi operava e ancora vi opera. E neppure all'impatto ambientale relativo all'esterno. Se sull'ambiente è fortunatamente cresciuta una attenzione diffusa dell'opinione pubblica, anche se ancora insufficiente e a volte di maniera, l'attenzione per la condizione operaia, al contrario, è decisamente scarsa.
Del resto il lavoro manifatturiero è stato reso demodè!
Come sostiene spesso Gino Dorigo i nuovi insediamenti industriali, se collocati in zone idonee, non vanno osteggiati ma "pensati" in modo diverso che nel passato: vanno progettati e realizzati non solo per la produzione ma anche per quanti vi lavorano, nel pieno rispetto dell'ambiente circostante (come non ricordare il pensiero di Adriano Olivetti e le sue fabbriche piene di "finestre"). E l'attuale tecnologia rende questo possibile.
Tutti gli accorgimenti impiantistici a tutela della sicurezza e della salute delle persone sono da realizzare con le migliori tecnologie disponibili e non vanno assolutamente limitati da problemi di costo, pena far pagare un costo ben più alto ai lavoratori e ai cittadini. E pensare che questo è previsto dall'articolo 2.087 del codice civile che è in vigore dal 1942, quindi da ben ottanta anni!
Ritengo pericoloso l'abuso della parola "green", assai di moda, perché se tutto è green nulla lo è, scadendo nel propagandistico "green washing". Il termine green, infatti, è usato anche per far passare ciò che, a volte, è tutt'altro che verde. Così come è stato per il termine "riforma" che, in realtà, negli ultimi decenni è stato crudele sinonimo di dolorosi tagli alle tutele e ai diritti sociali delle persone, di una lotta di classe al contrario.
Infine.
La crisi del 2007 prima e la pandemia poi avevano convinto tutti, o quasi, circa la necessità di cambiare un modello oramai insostenibile per l'ambiente, la società e la stessa economia: un vero e proprio cambio di paradigma. Sarebbe gravissimo se, sull'altare dell'ultima grave emergenza, si intendesse tornare al "prima" e in tal senso preoccupano le ultime decisioni prese dall'Europa in materia di energia fossile e nucleare. Non dimentichiamoci mai che proprio nel prima ci sono le cause dei disastri dell'oggi. --
- Fulvio Mattioni
- Articolo
TROPPI COMUNI IN SOFFERENZA - BISOGNA RILANCIARE LA SPECIALITA'
Articolo di Fulvio Mattioni pubblicato sul Messaggero Veneto del 6 giugno 2022
Sullo stesso tema è disponibile la ⇒ presentazione esposta al Convegno
Il 31 maggio scorso la Cgil di Udine ha acceso i riflettori sulla sofferenza dei Comuni nostrani ed evidenziato il loro ruolo (decisivo) nel rafforzare la specialità del Fvg con il convegno "Di SOT in SU - I nuovi Comuni denominatori del territorio". La radiografia emersa, infatti, ha mostrato lo stato pre-agonico della Specialità sempre meno capace di garantire servizi pubblici a cittadini (e imprese) disperatamente bisognosi di sanità, assistenza, collocamento, burocrazia efficiente, ecc.. E, di più ancora, incapace di mettere in campo politiche di sviluppo in grado di contrastare gli effetti prodotti dalla "Grande Crisi" 2008-2013, dalla "mini-ripresina" 2014-2019 e dal "tracollo pandemico" del 2020.
L'invasione russa dell'Ucraina, infine, ha aggiunto ai nostri annosi problemi strutturali quelli energetico, inflattivo e speculativo (auspicabilmente temporanei).
Piove sul bagnato, ma all'interno di un temporale in essere da tempo che ha infierito sul Friuli (non su Trieste e non a caso, brava la sua classe dirigente) sia dal versante economico che da quello istituzionale. E sulla ex-provincia di Udine in particolare. Essa, infatti, ha patito un calo dell'economia superiore a quello del Mezzogiorno d'Italia nel periodo 2008-2019 e sconta un assetto istituzionale molto frammentato e disperso sul territorio: tanti i piccoli e piccolissimi Comuni, quindi particolarmente fragili perché non riescono più a svolgere i loro compiti (complessi e onerosi come quelli dei Comuni più strutturati) essendo stati impoveriti dall'ultradecennale calo dei trasferimenti regionali e dalla conseguente perdita di personale. Calo che supera quello medio del 20% patito dai 215 Comuni nel passaggio dei quasi 12mila dipendenti in attività nel 2014 agli 8mila del 2019. L'Ente regionale, già elefantiaco da anni (nel 2014 il personale regionale sfiorava le 3mila unità), invece, nel 2019 aveva raggiunto le 4.200 unità (+40%).
Traducendo i numeri: più burocrazia a "Palazzo" e meno possibilità di erogare servizi pubblici a popolazione e imprese sul territorio.
Burocrazia di "Palazzo" del tutto ingiustificata, peraltro, visto che la Regione Lombardia ha 2.814 dipendenti (2020) con una popolazione otto volte superiore a quella nostrana.
Colpa dello Stato?
Certo che no!
La nostra Regione speciale, infatti, ha competenza primaria in materia di personale e di Enti Locali (Province, Comuni e altri Enti minori).
- Fulvio Mattioni
- Articolo
Intervento di Fulvio Mattioni al convegno CGIL "Di sot in su" - 31 maggio 2022.
Sullo stesso tema è disponibile ⇒ l'articolo del Messaggero Veneto 6/7/22
S.O.S. Specialità FVG, cioè salvate le nostre anime, - ma anche il nostro corpo, pensando alla pessima prestazione della sanità nostrana nel periodo post-Covid. E certamente non per carenze imputabili agli operatori sanitari che si sono prodigati in questi anni.
L’appello è indirizzato ai Sindaci friulani, alla politica e alla società civile delle ex-province di UD e di PN in particolare.
Ciò perché la Regione intesa come “Palazzo” ha ridimensionato i finanziamenti agli Enti Locali provocando il taglio del personale (almeno il 20% in meno nel solo periodo 2014-2019) e la poca propensione a lavora in essi a causa delle mostruose difficoltà che li caratterizzano.
La salvezza è legata alla possibilità di realizzare un decentramento di funzioni da un “Palazzo” regionale sempre più elefantiaco e burocratico a Comuni sempre più in braghe di tela ancorché più vicini i fabbisogni dei cittadini e delle imprese, entrambi impoveriti dalla crisi.
Il testo in ⇒ pdf .
L'ASSETTO ISTITUZIONALE del FVG
A che serve?
A promuovere lo sviluppo economico e sociale LOCALE fornendo a tutti i residenti
i servizi pubblici necessari in qualunque parte del territorio essi risiedano
Come è strutturato?
1) C’è l’Ente regionale (il «Palazzo») con almeno 4.200 dipendenti (ma, forse, sono 5mila)
2) c’è un Terziario para-pubblico (Società partecipate, Enti, Agenzie, ecc.) con 3.800 dipendenti
3) ci sono i COMUNI (215, con poco più di 8.000 dipendenti concentrati nei 4 comuni capoluogo)
4) ci sono (?) gli ERD (Enti di Decentramento Regionale, le ex-province in versione «ultra-light»)
5) e pochi altri Enti minori (es. Comunità montane)
Come lo era nel 2014, cioè meno di 10 anni fa?
1) il «Palazzo» con meno di 3.000 dipendenti (già allora elefantiaco);
2) il Terziario para-pubblico con meno di 3.000 dipendenti (burka-vestito già allora);
3) le Provincie (circa 2.000 dipendenti) (con competenze «light» rispetto a quelle delle regioni ordinarie);
4) i Comuni con 10.888 dipendenti (ai quali erano già stati alleggeriti i trasferimenti)
Balza agli occhi il calo dei dipendenti comunali (-20%) e, viceversa, l'aumento di +40% di quelli regionali
Tradotto: più burocrazia a «Palazzo» e meno servizi a popolazione ed imprese dai Comuni
Tutto ciò è accaduto quando cittadini ed imprese avevano più bisogno di servizi pubblici meno costosi, della qualità a cui erano abituati e vicini a loro. Cioè nel periodo della «Grande Crisi» (2008-2013), della mini-ripresina (2014-2019) e dello shock pandemico (2020). Ed anche ora
Quali bisogni?
Ad esempio
- collocare gli 84mila lavoratori inutilizzati nel 2021;
- avere la sanità di 15 anni fa;
- case di riposo adeguate;
- zone ed aree industriali attrattive;
- lavoratori formati;
- ecc. ecc.
Che faceva la Regione Autonoma FVG negli stessi anni? L’ALIENA.
Due esempi
1) il Patto Tondo-Tremonti costato al bilancio regionale 3,3 miliardi in cambio … del nulla;
2) si accollava il costo della terza corsia su una autostrada «in affitto»: altri 3 miliardi (?);
3) e diverse altre amenità costose (Mediocredito, Comparto Unico, ecc.)
COME SI E’ ARRIVATI A CIO’?
Facendo 3 errori madornali:
- Ignorando la volontà di DECENTRARE funzioni, personale e risorse finanziarie dal «Palazzo»
agli Enti Locali (leggasi COMUNI) sancita con la l.r. 13/1998 in funzione della quale è stato istituito
il Comparto Unico del pubblico impiego regionale (art. 137); - Scegliendo Province «light», vale a dire con funzioni limitate rispetto a quelle assegnate alle
Province delle regioni ordinarie (per non considerare quelle delle province autonome); - Intervenendo nei confronti dei Comuni sempre in termini di «razionalizzazione», cioè di calo dei
Costi. Mai di valorizzazione, di potenziamento del sistema dei Comuni.
Non a caso i trasferimenti ordinari ai Comuni sono stati tagliati fin dall’inizio del decennio scorso
I risultati fin qui ottenuti dall’ultima legge di riforma degli Enti Locali (l.r. 21/2019)?
- 4 ERD (ex-province) che stanno in un limbo giuridico, comunque privi di compiti da svolgere;
- 5 Comunità montane (148.865 residenti, distribuiti tra la ex-provincia di PN ed UD). Obbligatorie;
- 1 Comunità collinare (49.151 residenti, ex-provincia di UD). Obbligatoria;
- 3 Comunità (102.581 residenti tra PN ed UD. Volontarie.
In sintesi:
• ha coinvolto 300.597 residenti (il 25% di tutto il FVG)
• ha obbligato 198.016 a far parte delle 5 Comunità montane ed 1 Collinare (tutte a PN ed UD)
• ha interessato 102.581 residenti in 3 Comunità «volontarie»
• non ha interessato alcun residente delle ex-province di GO e TS
LA PROPOSTA di RILANCIAFRIULI
Ripartire da un sistema istituzionale del FVG capace di salvare la SPECIALITA’ nostrana, perché:
- EFFICACE (erogando sempre più servizi pubblici, meno costosi, di buona qualità)
- EFFICIENTE (perché ancor più vicino al cittadino e all’impresa)
- EQUO (perché offre le stesse opportunità di fruizione dei servizi pubblici su tutto il FVG)
Ovvero da 2 punti fermi
- Il DECENTRAMENTO di funzioni (e personale e quattrini conseguenti) dal livello regionale verso
opportune aggregazioni di Comuni; - Una opportuna «zonizzazione» delle aggregazioni che tenga conto delle esperienze fatte con le
l.r. 1/2006, 26/2014 e 21/2019
Da esse, infatti, si è appreso che:
- MAI PIU’ aggregazioni su base volontaria (sono state ben 47 le forme associative partorite dalla 1/2006 mentre appena 3 le Comunità «volontarie» istituite con la 21/2019 (poco più di 100mila residenti);
- MAI PIU’ aggregazioni «calate dall’alto» (l.r. 26/2014);
- alla Amministrazione Regionalw spetta sia l’obbligo della proposta che la ricerca di una sua condivisione/miglioramento;
- l’associazionismo tra Comuni rimane lo strumento migliore per rafforzare le aggregazioni;
- le fusioni sono invise alla popolazione e producono risultati banali;
- le dimensioni delle aggregazioni debbono essere il più possibile simili;
- la «taglia» delle aggregazioni è determinata dalla significatività del decentramento che si intende attuare e vi può essere una segmentazione interna a seconda dei servizi da erogare;
- oltre alla gestione dei servizi pubblici è opportuno decentrare anche politiche di sviluppo
RILANCIAFRIULI propone – a settembre - una
«Conferenza per il riassetto istituzionale del Friuli»
con il protagonismo dei Sindaci, della politica e degli attori sociali dotati di buona volontà (forti e liberi)
PUO’ INTERESSARE A QUALCUNO?
La casella postale ⇒
contributi alla discussione sugli assetti istituzionali del territorio regionale FVG.
È collegata al sito di riferimento www.rilanciafriuli.it
- Redazione
- Articolo
RilanciaFriuli partecipa all'iniziativa CGIL
*DI SOT IN SU*
I NUOVI COMUNI DENOMINATORI PER IL TERRITORIO
che si terrà a Udine martedì 31 maggio 2022 ORE 17:30 al Salone del Palazzo Antonini Belgrado in Piazza Patriarcato.
Rilanciafriuli intende proporre una analisi della tragica situazione dei Comuni del FVG e della "ponziopilatesca" riforma varata dall'attuale Giunta e farà una proposta per avviare a soluzione una riforma del sistema Regione-Enti Locali del Fvg che è una "mega-incompiuta" da quasi un quarto di secolo. E nonostante che si tratti della "mamma di tutte le riforme.
Coordina il dibattito: Riccardo de Toma giornalista
Introduce: Emiliano Giareghi Segretario generale CGIL Udinei
Intervengono:
- Roberto Muradore autore del libro "L'uomo che camminava sui pezzi di vetro"
- Gino Dorigo Sindacalista CGIL
- Fulvio Mattioni Economista di RilanciaFriuli
- Sandro Fabbro Presidente del Comitato per la Terza Ricostruzione