- Fulvio Mattioni, Roberto Muradore
- Articolo
Articolo di Fulvio Mattioni e Roberto Muradore sul "Messaggero Veneto" dell'11 gennaio 2023 con il titolo "Cinque anni per realizzare un'autonomia solidale".
Èvitale che prenda sostanza un sogno collettivo di una autonomia laboriosa, solidale e sostenibile da realizzare nella legislatura 2023- 2027.
È vitale perché «se una comunità non riesce ad aggregarsi attorno ad un sogno condiviso non trova ragioni per impegnarsi, essere solidale, liberare tutte le energie che possiede. Nei sogni inizia la responsabilità. Perché se abbiamo un obiettivo non resteremo indifferenti, ignavi o passivi né aspetteremo che qualcuno agisca per noi. Diverse, invece, sono le illusioni. L'illusione è evasione, travisamento della realtà, rifugio nell'immaginario per non doversi confrontare con l'esistente, per sfuggire alle proprie responsabilità». (Bruno Tellia, prefazione a "Caro modello Friuli", l'Orto della Cultura Editore, 2015). Già allora era iper-palese che il modello Friuli era una mera gloria del passato, che la politica locale non poteva più vivere di rendita su di essa e che la Grande Crisi 2008-2013 richiedeva un Rinascimento dell'autonomia nostrana.
Se una comunità non riesce ad aggregarsi attorno ad un sogno condiviso non trova ragioni per impegnarsi, essere solidale, liberare tutte le energie che possiede |
Figurarsi ora, dopo la crisi pandemica e la frenata in corso della spesa statale!
Ma ecco un veloce identikit della situazione nostrana.
La decrescita infelice
Il Fvg ha vissuto una decrescita infelice (del reddito, ma non solo) nel periodo 2008-2021 che lo colloca nella coda delle 12 regioni del Centro-Nord, che colpisce con maggiore intensità la ex-provincia di Udine (più ancora del Mezzogiorno d'Italia!) interessando, però, l'intero Friuli. Decrescita che lascia una eredità pesante in termini di lavoratori inutilizzati (oltre 70mila nel 2021 tra disoccupati, scoraggiati e sospesi dal lavoro); di poveri assoluti e bisognosi di cibo (oltre 50mila) e di persone che si collocano attorno alla soglia di povertà (i poveri relativi registrati dall'Istat sono ben 100mila).
Sul versante istituzionale abbiamo un Ente regionale elefantiaco (un "Palazzo" più affollato di personale di quello della Regione Lombardia, 9 volte più popolosa!); una emergenza occupazionale dei Comuni dove mancano oltre duemila dipendenti; uno sperpero della RA-Fvg (Regione Autonoma) equivalente a 10 miliardi di euro in progetti speculativi e scelte infrastrutturali rivelatesi fallimentari perché fuori scala. Di seguito quattro esempi macroscopici. Il finanziamento della terza corsia della A4 (costo superiore a 3 miliardi per un'opera di utilità nazionale, ma inopportunamente posta a carico di noi indigeni); il protocollo Tondo-Tremonti (del 2010, e le sue successive modifiche) sottoscritto nell'attesa di un fantasmatico federalismo fiscale (altri 3 miliardi di euro); l'istituzione del Comparto unico del pubblico impiego, che doveva realizzare il summenzionato decentramento dal "Palazzo regionale" agli Enti locali (perché più prossimi ai bisogni di persone e imprese), costato oltre 600 milioni di euro. Un altro mezzo miliardo di euro, infine, è stato speso per ripianare le perdite di bilancio di alcune società finanziarie partecipate dalla Regione Autonoma-Fvg.
Le attese per il futuro
Le attese del Fvg per il 2023?
Crescita ZERO (ben che vada)!
Che segue la crescita del Pil 2021 e 2022 dovuta alla spesa pubblica statale (superbonus, ristori alle imprese, ammortizzatori sociali, reddito di cittadinanza, ecc.) messa in campo dal Governo Draghi per superare la severa recessione pandemica del 2020. Crescita che interessa tutte le regioni d'Italia e alla quale la nostra specialità non aggiunge niente di suo. Tutt'altro! Nel 2021 il Pil Fvg cresce del 6,1% contro il 6,7% italiano (dati Istat) e la crescita prevista per il 2022 è del 3,2% in Fvg e del 3,4% in Italia (fonte: RA-Fvg). La decrescita infelice e l'approccio "da figliol prodigo alieno" della nostra autonomia, influenzano negativamente il calo della popolazione del Fvg e i 3 principali segmenti che la compongono. Ovvero: calano i giovani (0-14 anni) e le persone in età lavorativa (15-64 anni), aumentano gli anziani (gli over 64enni). Non solo, viene meno l'appeal del Fvg nei confronti degli immigrati economici venturi, ma anche di quelli attuali (perché colpiti da tassi di disoccupazione più che tripli rispetto agli indigeni) e per l'innalzamento (ideologico) di barriere all'accesso del reddito di cittadinanza (i 10 anni di residenza richiesti non trovano un equivalente in Europa). La composizione tra giovani, persone in età lavorativa e anziani sarà - da noi - di gran lunga più squilibrata. Conseguentemente avremo una necessità gigantesca di Welfare (salute e assistenza) in una economia sempre più nana e dunque incapace di finanziarlo.
La prossima legislatura, pertanto, non può essere supinamente frutto "dell'onda nazionale" né del "tirare a campare", ma richiede la costruzione di una autonomia laboriosa, solidale e sostenibile. Capace, cioè, di invertire il grave squilibrio prodottosi tra Economia e Welfare e, sfida nella sfida, di raggiungere la cruciale sostenibilità ambientale. In questi tre mesi, pertanto, la politica deve elaborare strategie innovative lungimiranti e progetti concreti ritagliati sui fabbisogni nostri e della Next Generation Fvg (figli e nipoti).
CINQUE PUNTI
Qualche esempio?
Uno. Più lavoro per tutti ma, in particolare per i nostri giovani, protagonisti di espatri senza ritorno, di investimenti pubblici e privati goduti da altri Paesi, di distacchi affettivi dolorosi, di fuga di lavoratori qualificati. Tali negatività vanno sanate promuovendo l'incontro tra le decine di migliaia di lavoratori inutilizzati (disoccupati, scoraggiati, sospesi dal lavoro) e le imprese bisognose di manodopera. Ci si ponga l'obiettivo di formare 40mila lavoratori inutilizzati per inserirli al lavoro nei prossimi 5 anni, con un percorso condiviso tra formandi e imprese.
Due. Rigenerare gli Enti strumentali della RA-Fvg sia per conseguire l'obiettivo precedente sia per adeguarli alla ricerca di imprese, imprenditori e finanziatori esterni alla nostra regione (e all'Italia) onde ampliare l'offerta di lavoro e di produzioni sostenibili. Servono, però, Enti snelli e dotati di personale con esperienze e relazioni professionali extra-regionali e competenze manageriali. Non Enti burocratici come le neo-costituite Agenzia Lavoro & SviluppoImpresa e FVG Plus.
Tre. Ampliare e qualificare il Welfare del nostro Fvg con due mosse essenziali.
- La prima è aprire un tavolo con il Governo per concordare un meccanismo che adegui il costo della sanità nostrana all'invecchiamento della popolazione locale. Mancano, infatti, 250/300 milioni l'anno rispetto a quanto concordato decenni fa allorché ci siamo accollati (unici in Italia) la sanità.
- La seconda è di investire nelle nostre case di riposo pubbliche al fine di ampliarne i posti e innalzarne qualità e sicurezza e i finanziamenti vanno trovati nella de-contribuzione degli aiuti dati a quelle private (assai più costose per l'utenza) perché, di fatto, si configurano come un mero sostegno ai loro profitti.
Quattro. Avviare il decentramento di funzioni, lavoratori e risorse dal "Palazzo" regionale a opportune aggregazioni di Comuni, capaci, ad esempio, di progettare e gestire le risorse loro affidate dal PNRR. Urgentissimo, inoltre, porre rimedio all'emergenza occupazionale che affligge i Piccoli Comuni (meno di 5mila abitanti, ben 153 sui 215 totali del Fvg) che ostacola lo svolgimento della loro missione istituzionale.
Cinque. Una autonomia solidale deve ricercare la coesione sociale praticando l'inclusione delle persone più fragili e povere. In tempi duri come gli attuali e quelli attesi, è facile prevedere un aumento della povertà assoluta nel 2023 in Italia e in Fvg sospinto, altresì, dal taglio del Reddito di Cittadinanza decisa con la manovra 2023. Un Fondo antipovertà finanziato dalla RA-Fvg e gestito dai Comuni - che conoscono meglio persone e territorio - appare adeguato e in linea con una Autonomia solidale.
Poiché ci interessa una autonomia di cui essere orgogliosi e non una autonomia agonica, serve una legislatura davvero ... ri-Costituente!
- Fulvio Mattioni
- Articolo
Articolo di Fulvio Mattioni pubblicato sul Messaggero Veneto nel dicembre 2022 con il titolo "Manovra con poca spesa avrà scarso impatto sul PIL".
Ma quali sono i suoi principali contenuti, i suoi "numeri" e le valutazioni espresse dagli organismi che, per la loro connotazione istituzionale, debbono essere sentiti dalla Camera e dal Senato in apposite audizioni? Sono la Corte dei Conti (CdC), l'Ufficio Parlamentare di Bilancio (UpB), la Banca d'Italia (BI) e l'Istat. E contano - eccome! - anche i pareri della Commissione Europea (CE) e del Consiglio Europeo. Tutti questi soggetti concordano su u n punto : la manovra proposta rispetta la Raccomandazione del Consiglio Europeo del luglio 2022 nel punto incui chiede all'Italia una politica di bilancio "prudente". Il saldo (tra entrate e uscite) è, infatti, prudente perché la manovra è parsimoniosa sul versante della spesa. Ma poca spesa significa anche minimo impatto sulla crescita del Pil che - ahinoi! - è attesa, nel 2023, essere prossima allo zero.
Gli interventi previsti dalla manovra sono dodici: 10 hanno una specifica denominazione, 1 racchiude ben 124 micro-interventini e l'ultimo coincide con il DL 176 ("Misure urgenti di sostegno al settore energetico e di finanza pubblica") varato per fronteggiare il caro bollette ingenerato dall'invasione dell'Ucraina. La lettura del loro costo (e relativo peso) restituisce la caratteristica essenziale della manovra: la polarizzazione delle risorse in pochissimi obiettivi e l'estrema polverizzazione in micro-interventini (76 di essi costano fino a 10 milioni cadauno). La parte prevalente (ben il 61% del totale, quasi 19 miliardi di euro) è rivolta, infatti, a mitigare i maggiori costi di energia, gas e carburanti.
Il commento degli organismi nazionali ed internazionali? È un intervento temporaneo - si esaurisce nei primi 3 mesi del 2023 - che non seleziona le imprese più bisognose di aiuto (come si è fatto, invece, perle famiglie). Ed è privo di impatto sulla crescita, si deve aggiungere.
L'intervento lavoro e politiche sociali (3,1 miliardi nel 2023) si colloca al secondo posto caratterizzandosi soprattutto per la riduzione temporanea del cuneo fiscale per i lavoratori poveri e per i risparmi di spesa derivanti dalla modifica in senso riduttivo del Reddito di Cittadinanza e delleindicizzazioni delle pensioni.
L'intervento Sanità viene per terzo posto con 2,8 miliardi dispesa nel 2023 (di cui 1,4 miliardi perii caro energia settoriale e 650 milioni per il Fondo vaccini e farmaci Covid). Il calo della spesa nel biennio successivo porta il suo livello ad essere inferiore a quello del 2019 nel rapporto spesa sanitaria/Pil. (Era pari al 6,4% nel 2019, sarà del 6,1% nel 2025). Come valutare ciò? «La diffusione della pandemia ha contribuito ad aggravare alcuni problemi del Ssne, in particolare, la carenza di personale, che assume contorni di una emergenza nazionale (soprattutto infermieri, anestesisti e specialisti di emergenza-urgenza)».
L'estensione del regime forfettario per i lavoratori autonomi prevista dalla manovra potrebbe contribuire a incentivare l'opzione per la libera professione nel privato (UpB, 5.12.2022).
L'obiettivo Crescita e investimenti segue al quarto posto con 2,3 miliardi pari al 7,6% della spesa totale. Ma poiché oltre i tre quarti dei finanziamenti vanno a compensare il rialzo dei prezzi delle opere pubbliche e l'aumento del costo dei materiali, non vi sarà impatto alcuno sulla crescita del reddito.
E qui ci fermiamo essendo così arrivati all'88% delle spese totali previste dalla manovra.
Veniamo ora ai pareri espressi dagli organismi menzionati in precedenza su "pace fiscale" e "fisco equo" iniziando dall'innalzamento del regime forfettario (Flat-Tax) da 65mila a 85mila euro per le imprese individuali e i lavoratori autonomi che comporta un benefìcio medio di 7.700 euro annui e minori entrate. «La coesistenza di regime forfettario e Irpef genera dubbi sul principio di equità orizzontale del prelievo». «Genera altresì un disincentivo alla crescita perché al superamento della soglia massima il reddito viene sottoposto a tassazione ordinaria» (UpB, 5.12.2022). «L'ampliamento della Flat-Tax pone un rilevante tema di equità orizzontale tra lavoratori autonomi e dipendenti» (BI, 05.12.2022). «È importante conseguire significativi miglioramenti in termini di coerenza fiscale ponendo al centro degli interventi pubblici una efficace azione di contenimento dell'evasione. Non sembrano andare in questa direzione alcune misure della manovra che interrompono un percorso intrapreso per la tracciabilità dei pagamenti, che ampliano la platea dei ricavi soggetti a regime forfettario oche propongono regimi di favore» (CdC, 2.12.2022).
E lo stralcio delle cartelle, cioè la completa cancellazione di tutte le somme dovute fino a 1.000 euro relative agli anni dal 2000 al 2015) ? «Rischia di danneggiare sia l'efficienza del sistema di riscossione sia il rapporto con i contribuenti che potrebbero essere indotti a non pagare i tributi nell'attesa di future sanatorie».(UpB).
Il tetto sul contante? «In controtendenza rispetto agli ultimi anni, si innalza il tetto alle transazioni in contanti da 1.000 a 5.000 euro e si introduce un limite (60 euro) sotto il quale gli esercenti possono rifiutarsi di accettare pagamenti con il Pos senza incorrere in sanzioni. Vengono pertanto modificati in senso restrittivo gli strumenti di contrasto all'evasione fiscale e del riciclaggio di denaro» (UpP). «Soglie più alte all'uso del contante favoriscono l'economia sommersa mentre l'uso dei pagamenti elettronici, permettendo il tracciamento delle transazioni, ridurrebbe l'evasione fiscale. Stime della B.I. indicano che per gli esercenti il costo del contante in % dell'importo della transazione è superiore a quello delle carte di debito e credito (BI).
Incline al clima natalizio di maggiore solidarietà verso i poveri aggiungo «la modifica in senso restrittivo delle norme che ne regolano l'erogazione (ndr del Reddito di Cittadinanza) con riferimento al 2023 e la sua abrogazione dall'1.1.2024» (UpB). «La sua introduzione ha rappresentato una tappa significativa nel nostro sistema di Welfare ... è presente in tutti i Paesi dell'Eurozona... ha contribuito a contenere gli effetti negativi del Covid-19 sul reddito disponibile delle famiglie più fragili e poi a sostenerne il potere d'acquisto, particolarmente colpito dal recente choc inflazionistico» (BI). Simpatica anche l'annotazione «La copertura finanziaria della manovra per il 2024 e 2025 è affidata ai risparmi sul fronte previdenziale (ndr modifica peggiorativa dell'indicizzazione delle pensioni) e al RdC» (CdC).
Da ultimo, la Commissione UE definisce non coerenti con le raccomandazioni degli anni scorsi l'innalzamento del tetto del contante; lo stralcio delle cartelle; la possibilità di rifiutare il pagamento elettronico di importi inferiori a 60 euro; il rinnovo nel 2023 dei regimi di accesso anticipato alle pensioni in scadenza a fine 2022, come quota 103.
Tutti i punti chiave della politica fiscale del Governo.
I margini potenziali di miglioramento della manovra? Enormi! Quelli effettivi li vedremo inquesti giorni.—
- Redazione
- Articolo
I
n margine del convegno Rilanciafriuli "SOS Povertà & Lavoro Povero" del 9 dicembre 2022, il Messaggero Veneto pubblica l'articolo "Incontro sul RdC - Il sistema non favorisce un reinserimento"
Presenti in sala il consigliere comunale Federico Pirone, il consigliere regionale Franco Iacop, il sindaco di San Giorgio di Nogaro Pietro Del Frate, l'ex rettore Alberto Felice De Toni.
I numeri della povertà
Il tema della serata è stato introdotto da Mattioni, che oltre ad aver pungolato la politica sulla necessità di far valere l'autonomia regionale per rispondere all'incremento della povertà sul territorio, ha fornito una serie di numeri sulle fasce della popolazione più in difficoltà: «In Fvg i poveri relativi sono 100 mila (l'8,3% dei residenti), i "bisognosi" assistiti dal Banco Alimentare sono 31.700 (nel 2021). Ma è una situazione probabilmente sottostimata». La misura di sostegno al reddito è costata 19,8 miliardi con un'erogazione media mensile di 560 euro a nucleo familiare. Risorse che, per Mattioni, «hanno ridotto di mezzo milione le persone indigenti nel 2019 e ne hanno limitato il boom nel 2020 e 2021. La nostra autonomia può consentirci di fare meglio rispetto al resto del Paese? ».
Cosa può fare la Regione Fvg?
«Una misura per dare supporto alle persone con i redditi più bassi è certamente necessaria - ha detto Moretuzzo -, ma non con le caratteristiche del reddito di cittadinanza. Vedo complicato mantenere nella stessa misura la tutela sociale e l'avvicinamento al lavoro, quindi andrebbero pensati strumenti diversificati. Purtroppo in questa fase - ha evidenziato il consigliere del Patto per l'Autonomia - la politica è poco attenta alla distribuzione equa della ricchezza, preferendo concentrarsi su altre questioni come la Flat tax». «È importante far valere la specialità del Fvg, in quanto più le scelte vengono portate vicino al territorio e meglio è».
Servizi per le donne.
Se anche Della Ricca è convinta di dover mettere mano al reddito di cittadinanza, Celotti ha spostato l'attenzione «sui servizi da garantire sulla base dei bisogni sociali. Penso a ciò che può consentire alle madri di rientrare nel mondo del lavoro, dando modo di accrescere le entrare di quelle famiglie che, senza il giusto supporto, devono mantenersi solo sul reddito del padre». L'auspicio dell'esponente dem è che il reddito di cittadinanza, «nato in un momento di urgenza, venga rivisto con la calma necessaria, senza procedere a tagli con l'accetta». Il rischio, in caso contrario, è che le fasce di popolazione senza sussidio statale si rifacciano sui Comuni, mettendoli ancor più in difficoltà economicamente.
Il tema del lavoro
La discussione si è quindi spostata sul lavoro. In questo ambito, sempre Morettuzzo, ha auspicato una gestione locale del codice degli appalti, sull'esempio di quanto già avviene in Alto Adige, «in modo da consentire ai Comuni di affidare alcuni lavori in tempi rapidi, come ad esempio gli sfalci, coinvolgendo realtà come le cooperative sociali per l'impiego di persone che attualmente si trovano fuori dal mercato del lavoro». Un suggerimento che, associato a una misura di sostegno al reddito di carattere locale, darebbe impulso anche al mercato del lavoro, venendo incontro alle esigenze dei Comuni e limitando al massimo il rischio di un altro "caso Tundo", e cioè dell'appalto del trasporto scolastico affidato a una ditta pugliese che non è stata in grado di garantire la continuità del servizio
Altri articoli del sito connessi al tema della ⇒ Povertà
- Fulvio Mattioni
- Articolo
Fulvio Mattioni - Economista - POLITICA- 25 NOVEMBRE 2022
Manovra, il reddito dei poveri finisce alle imprese. Serviva un segnale di speranza, non c’è
Coglie nel segno la presidente Giorgia Meloni quando connota la manovra di bilancio approvata come “politica” anziché economica. Dal versante economico, infatti, è una “manovrina” visto che ben 21 miliardi di euro sui 35 totali sono finalizzati a fronteggiare i prossimi 3 mesi alleviando il “caro bollette” di imprese e famiglie povere. Il resto si risolve in una spruzzatina di quattrini decisi secondo una logica di “bilancio familiare” caro alla premier. Ma, attenzione, alle famiglie povere (Isee fino a 15mila euro) vanno appena 9 dei 21 miliardi per il caro bollette mentre quelli riconosciuti alle imprese prendono la forma del credito d’imposta che viene presentato come un sostegno alla crescita.
Ma è la verità? Magari così fosse! Invece si gioca sull’ambiguità del concetto di agevolazioni concesse dallo Stato alle imprese che, nel caso dei finanziamenti, erogano liquidità per effettuare investimenti (e, auspicabilmente, crescita economica) mentre nel caso del credito d’imposta agiscono sul versante delle tasse. Come? Con uno sconto sui tributi da pagare a fine anno per compensare eventuali debiti aziendali o per il pagamento dei tributi dovuti nell’anno o per chiedere un rimborso nella dichiarazione dei redditi.
In sostanza, oltre un terzo della manovra va a sanare situazioni aziendali del passato che niente hanno a che fare con la loro attività del futuro. La parte rimanente? Una spesa statale da bilancio familistico, come diceva la premier, dall’esito men che insignificante: eccone alcuni esempi. Il taglio dell’Iva su pane, latte e pasta porterebbe, per una famiglia, ad un risparmio mensile di 1,8 euro visto che la media di una famiglia (dati Istat) è pari a 545 euro annui. La riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori? Un risibile 2% sui percettori di reddito fino a 35 mila euro (lordi) e del 3% per i redditi fino a 20mila euro! Più che un cuneo, una scheggetta. Spiccioli, dunque, e molto meglio sarebbe stato rinnovare il bonus di 200 fatto dal governo Dragh
La manovra politica, invece? Assai più roboante e densa. Per primo, viene il reddito di cittadinanza (RdC) alla cui riduzione viene attribuito l’onere di finanziare una parte significativa delle spese viste in precedenza. Agli “occupabili” (ideologicamente prescelti) è riconosciuto il RdC per un massimo di 7/8 mesi, una parte del quale, però, deve essere speso per partecipare a corsi di formazione o riqualificazione professionale (pena la decadenza). Chi rifiuta la prima offerta congrua (entro 100 km. da casa) decade, inoltre, dal beneficio. La revisione del RdC è annunciata per il 2023.
Domanda attuale: è giustizia sociale escludere le famiglie che hanno un reddito inferiore a 10mila euro (vedi RdC) perché hanno un lavoratore astrattamente “occupabile” ma che, in realtà, è sotto-occupato o non occupato? Ci è chiaro che il RdC, sostiene (temporaneamente) i “nuclei familiari” e non le persone singole (ridimensionate a furbetti)?
Per seconda viene l’estensione della Flat-Tax da 60mila a 85mila euro. Che significa meno entrate per lo Stato visto che si pagherà solo il 15% anche nello scaglione di reddito 60-85mila euro. È chiaro che l’onere di coprire il “buco” delle minori entrate ricade sui soliti noti, ovvero sul lavoro dipendente e sui pensionati, pubblici e privati?
L’onore del terzo posto spetta alla riattivazione della società sul ponte sullo Stretto di Messina spa, attualmente in liquidazione. E sul quale ogni commento è superfluo posto che i primi a non volerlo sono i diretti interessati.
Ma il rimando sine die dei fabbisogni dell’Italia di rafforzamento della crescita economica, di contrasto del lavoro povero, di inclusione sociale e lavorativa dei lavoratori inutilizzati, di contrasto all’evasione fiscale e contributiva, di rafforzamento della sanità e della promozione dei giovani è accettabile? Un segnale di speranza era doveroso. Assente, purtroppo.
- Redazione
- Articolo
I Comuni del Friuli, in particolare quelli piccoli e medi, devono fronteggiare una carenza di dipendenti diventata, negli anni, strutturale. Per tentare di superarla «è necessario che i municipi valutino formule di aggregazione per fornire servizi ai cittadini. Aggregazioni alternative sia a quelle poco funzionali, proposte dalle Uti, che alle forme di ripartizione delle competenze tra enti che prevede l'ultima riforma». È quanto emerso ieri nel corso dell'incontro Sos Comuni, organizzato dal comitato Rilanciafriuli e ospitato ieri nel castello di Colloredo. Chiamati a esprimersi sulle difficoltà dei municipi della regione il presidente dell'Anci Fvg, Dorino Favot e quattro sindaci, Manuela Celotti (Treppo Grande), Franco Lenarduzzi (Ruda) ed Enrico Bullian (Turriaco). A moderare l'incontro Anna Buttazzoni, caposervizio del Messaggero Veneto. «E la mancanza di personale negli uffici tecnici, nell'anagrafe, nei servizi sociali, che rende impossibile assolvere alle competenze ordinarie e men che meno a quelle straordinarie», ha spiegato nella sua relazione introduttiva Fulvio Mattioni, portavoce di Rilanciafriuli. «E in atto, da qualche anno oramai, un terremoto istituzionale in Friuli che coinvolge un centinaio di Comuni limitandone gravemente la capacità di erogare servizi pubblici alla popolazione ed alle imprese - ha aggiunto Mattioni -. E non solo. Rischia, infatti, di far perdere diverse centinaia di milioni che il Pnrr affida direttamente ai Comuni perché viene meno il presupposto che siano in grado di progettare le opere e gli interventi finanziabili, dapprima, e, poi, di gestirle». Il posto fisso in municipio non è più un obiettivo appetito: tante, troppe responsabilità (soprattutto nei Comuni medi e piccoli) con retribuzioni inferiori al settore privato o alla Regione, dove tanti dipendenti decidono di migrare. --
- Fulvio Mattioni
- Articolo
La Nadef parla chiaro: il meglio è già alle nostre spalle
Il Fatto Quotidiano - 16 novembre 2022
“Pronti a risollevare l’Italia” recitava il titolo del programma predisposto dalla premier Giorgia Meloni per le elezioni vinte il 25 settembre che le consentono, ora, di governarla. Ma quale è, nel concreto, la categoria di “sollevamento” a cui il governo in carica pensa di iscriversi? La Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (Nadef) approvata il 4 novembre scorso lo chiarisce con i numeri inequivoci che ho riportato nella prima tabella.
La Nadef 2022 rivista e integrata – rispetto a quella predisposta due mesi fa dal governo Draghi – contiene il quadro macroeconomico che espone l’evoluzione del Prodotto Interno lordo (Pil), dell’Occupazione e del Tasso di disoccupazione e distingue la loro evoluzione in tendenziale e programmatica. La differenza tra queste ultime due? La prima è una mera previsione statistica, la seconda considera anche gli effetti attesi dagli interventi decisi dal governo nella legge di bilancio. Il quadro programmatico, pertanto, rendiconta lo sforzo fatto dal governo per migliorare l’economia di solo mercato.