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Articolo di Fulvio Mattioni e Roberto Muradore pubblicato sul "Messaggero Veneto" del 18 aprile 2023 con il titolo "Il declino del lavoro in regione - Sermpre più precario e sottopagato".
Èprofondamente dannoso e sbagliato conteggiare i contratti attivati e cessati da lavoratori e datori di lavoro per spiegare la situazione mercato-lavoristica del nostro Fvg.
Sbagliato perché:
1) il numero dei contratti non coincide con quello dei lavoratori. Il lavoratore, infatti- recita la nota metodologica dell'Inps, fonte dei dati - può risultare coinvolto in una pluralità di contratti nell'arco temporale osservato;
2) sono dati amministrativi (significa che non sono certi poiché possono variare nel periodo in esame) e non statistici (ovvero corretti da eventuali errori e/o variazioni all'interno dell'arco di tempo esaminato);
3) i contratti non quantificano il tempo di utilizzo effettivo del lavoratore nell'unità di tempo.
Dannoso perché la rappresentazione sbagliata del fenomeno mercato-lavoristico offerta alla politica nostrana, all'amministrazione regionale competente, ai sindacati dei lavoratori e delle imprese e all'opinione pubblica induce a pensare che all'aumento dei contratti corrisponda un aumento occupazionale.
A che serve, allora, la contabilità sui contratti?
Lo ha esplicitato lo stesso Inps denominando tale conteggio "Osservatorio sul precariato", ovvero farsi una idea delle tipologie contrattuali sottoscritte tra lavoratori e datori di lavoro.
E l'idea che emerge dai dati riferiti al Fvg è chiara: una elevatissima precarietà dei lavoratori in quanto i contratti attivati a tempo indeterminato sono una quota marginale (il 14,5% nel 2022, ma è stata pressoché identica negli ultimi 9 anni), mentre i contratti a termine sono il 39,9%, quelli di apprendistato il 4,6%, quelli stagionali il 10, 5%, i contratti in somministrazione il 20,3% e i contratti intermittenti il restante 10, 3%.
La variazione della quantità di lavoro utilizzato dall'economia, invece, può essere misurata con certezza attraverso l'individuazione della quantità di ore lavorate.
Altrettanto certo, inoltre, è che lo stato di benessere dei lavoratori può essere certificato dalle retribuzioni percepite su base annua. Tali indicatori esistono e sono, nell'ordine, le ore lavorate (fonte: Istat) e la retribuzione annua pagata ai dipendenti (fonte: Inps).
La tabella a sinistra rendiconta le ore lavorate nell'economia del Fvg negli anni 2000, 2007, 2019 e 2022 e la loro suddivisione nei principali macrosettori nostrani: quello industriale e quello terziario.
Quali le principali considerazioni da trarre?
La prima colonna dice che in oltre 20 anni l'economia del Fvg perde 37 milioni di ore lavorate (dai 960 milioni del 2000 ai 923 milioni del 2022) ovvero quasi 24mila lavoratori e che, rispetto all'anno pre-Grande Crisi (il 2007), la perdita è di 88 milioni di ore lavorate corrisponde a un taglio occupazionale di ben 53mila addetti a tempo pieno!
La seconda colonna, sempre a destra, individua il principale responsabile del tracollo occupazionale nel settore manifatturiero: -21,4% le ore lavorate nel 2022 rispetto al 2000 e -16,8%, sempre nel 2022, rispetto al 2007.
La terza colonna chiarisce che il recupero del settore edilizio nel 2022 è dovuto al superbonus che, però, vedrà esaurire i suoi effetti congiunturali entro il 2023.
La quarta colonna e ultima, rileva che il 2022 non recupera i valori di attività del 2019 nonostante la dovizia di risorse pubbliche impegnate dalla nostra regione e messe in campo dall'Ue tramite il Pnrr.
E', purtroppo, drasticamente calata la quantità di lavoro distribuita dall'economia nostrana, fatto che spiega la "Decrescita Infelice" del reddito patita dal Fvg (e dall'area friulana in particolare), la fuga dei nostri giovani all'estero e il venir meno dell'appeal esercitato dal Friuli verso gli immigrati economici.
L'Italia si fonda sul lavoro dignitoso e così pure il nostro Fvg |
Il secondo aspetto, quello della qualità del lavoro, è, forse, ancor più sconvolgente perché inesplorato.
I dati Inps riferiti al lavoro dipendente (privato) del nostro Fvg, infatti, mostrano la diffusione dei cosiddetti "working poors", persone che pur lavorando sono povere.
Lo sono principalmente perché costrette a forme di part-time "involontario" non volute perché inadeguate rispetto ai loro fabbisogni vitali.
Osservando la retribuzione annua pagata dai datori di lavoro agli oltre 360mila dipendenti privati del Fvg nell'anno 2021, infatti, emerge la piaga dei lavoratori a rischio di povertà e di esclusione sociale. Sono senz'altro tali i 45mila lavoratori (pari al 12,5% dei 360mila totali) che percepiscono una retribuzione inferiore ai 5mila euro annui. Ad essi, tuttavia, vanno aggiunti i quasi 37mila che vivono con una retribuzione compresa tra i 5mila ed i 10mila euro annui. Siamo così arrivati a quasi 82mila lavoratori, pari al 22,6% del totale Fvg, accomunati dal fatto di collocarsi sotto o nei dintorni della soglia di povertà!
Lavoratori poveri perché svolgono lavori precari e malpagati.
Urgono strumenti pubblici che restituiscano dignità al lavoro ed ai lavoratori.
Altro che pensare ad immiserire retribuzioni già povere o, come ventilato da qualcuno, a reperire manodopera qualificata all'estero.
L'Italia, del resto, si fonda sul lavoro dignitoso e così pure il nostro Fvg.
Al lavoro!
- Redazione
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Articolo di Fulvio Mattioni pubblicato sul Messaggero Veneto del 12/4/23 con il titolo "La decrescita infelice e i dieci SUGGERIMENTI"
R
esponsabilità e programmi, chiedeva il direttore di questo giornale alla politica del Friuli Venezia Giulia uscita dalle elezioni. Come non essere d'accordo?
Responsabilità, soprattutto, verso un Friuli sempre più povero: di reddito, di imprese, di lavoratori, di giovani (perché espatriano), di immigrati economici, di servizi sanitari, di assistenza nelle case di riposo, di solidarietà verso indigenti e poveri relativi, di formazione professionale adeguata ai fabbisogni di formandi ed imprese, di personale in attività nei Comuni, specie se piccoli (ben 153 in Friuli Venezia Giulia i Comuni che ricadono in questa fattispecie).
Mi fermo qui, perché credo di aver dato l'idea del lavoro immane che c'è da fare - in questa legislatura - da parte di tutta la politica regionale. Di governo e di opposizione, dunque, come ai tempi del terremoto del '76 perché c'è in atto, da anni e soprattutto in Friuli, un terremoto socio-economico che richiede un intervento urgente.
Il suo fine?
La "ricrescita sostenibile" dell'economia, del lavoro e della società nostrana. La responsabilità significa partire dalla realtà, che tutti abbiamo di fronte, e cioè che il Friuli Venezia Giulia non è affatto il paese di Bengodi.
La ex-provincia di Udine, ad esempio, nella gara dei gamberi economici fa peggio del Mezzogiorno d'Italia (e rappresenta ben il 43% della popolazione regionale). Nessuna contrapposizione con l'area triestina, per carità, ma un riequilibrio territoriale centrato sul Friuli, area alla ricerca di una propria identità produttiva ed istituzionale.
Come si concilia l'immagine idilliaca di una regione "Bengodi" con le tante attività chiuse (7mila imprese tra il 2007 ed il 2022 di cui 3mila industriali), la contrazione dei consumi delle famiglie, gli oltre 32mila bisognosi assistiti dal Banco alimentare Fvg, i 70mila lavoratori "inutilizzati" (disoccupati più scoraggiati, più sospesi dal lavoro), i 25mila percettori del reddito di cittadinanza, i 100mila "poveri relativi", il 22% di lavoratori dipendenti che percepiscono una retribuzione al di sotto della soglia di povertà (perché malpagati e precari), i 65mila espatriati alla ricerca di un lavoro dignitoso ma senza un progetto di ritorno?
Non si concilia affatto!
Ha senso continuare a dipingere un paradiso quando i numeri ufficiali e la realtà propongono l'opposto? Quando c'è stato il terremoto (nel '76) si è fatta la stima dei danni da cui è seguita la politica di "rinascita"!
I numeri evidenziati sono una sorta di stima dei danni prodotti dalla Decrescita Infelice di questi ultimi 15 anni e uno stimolo per l'avvio della "ricrescita sostenibile" nostrana.
Non dobbiamo, quindi, cadere nei miraggi della congiuntura che deve essere letta per quello che è. Il boom nostrano dell'export nel 2022, ad esempio? C'è stato (+21,7%) ma è frutto di una illusione monetaria: l'inflazione! Che ha spinto il boom dell'import nostrano (+30,1%) ed il cui costo è stato riversato sull'export. Come in molte regioni d'Italia, come nel Mezzogiorno (export +29%) ed il Centro Italia (+22,4%).
Altro esempio illusorio? La crescita degli occupati in Friuli Venezia Giulia nel 2022 (+2%), contro una media italiana del 2,4%, del 3,1% nel Centro, del 2,5% nel Mezzogiorno, del 2,3% nel Nord-Est, per un totale di ben 11 regioni che fanno meglio di noi.
Ma è, invero, un risultato preoccupante.
Ecco il perché.
Se scomposto nei 4 trimestri del 2022 (+10.217 lavoratori nell'anno), si trova che ben 12.976 addetti addizionali sono dovuti all'impatto del superbonus e di altre agevolazioni nazionali prodotto nel primo semestre mentre vi è un calo occupazionale nel secondo (-2.759 unità). La conseguenza? Una eredità negativa per il 2023 che, non a caso, sarà un anno "assai fiacco" dal versante della crescita economica italiana (0,6%-0,8% le previsioni più recenti). E da cui discende una stima di crescita zero nel nostro Friuli Venezia Giulia (e peggio, nell'area friulana).
Qualche suggerimento al Presidente e alla politica attiva nella nuova legislatura:
- non pensino di poter "tirare a campare" perché in Friuli Venezia Giulia va tutto benone, ma si assumano fin da subito l'obiettivo della "ricrescita sostenibile";
- facciano propria l'emergenza Friuli e dell'ex-provincia di Udine in particolare;
- rilancino il settore industriale tracollato nella ex-provincia di Udine avendo cura della sua sostenibilità ambientale;
- puntino alla valorizzazione del fattore lavoro con la formazione, in 5 anni, per l'inserimento lavorativo di almeno 30mila lavoratori inutilizzati;
- attivino, a tal fine, una politica industriale capace di attrarre nuove imprese e nuovi investitori nei settori sostenibili;
- rendano l'Autonomia del Friuli Venezia Giulia solidale e inclusiva verso gli indigenti con il varo di una misura anti-povertà gestita dei Comuni;
- prendano a cuore la sorte dei nostri giovani costretti ad un espatrio senza ritorno rendendo attrattivo il Friuli Venezia Giulia;
- rafforzino i Comuni sanandone le severe carenze occupazionali;
- riformino la fallimentare riforma degli Enti Locali del 2019;
- riportino la Sanità regionale ai livelli cui eravamo abituati finanziandola con il maggior benessere economico creato e/o ridiscutendone il finanziamento con il Governo.
Non è poco, ma non è nemmeno troppo.
E quello che serve per invertire le tendenze in atto.
L'alternativa, infatti, è una indesiderabile, lunga, infelice decrescita economica e sociale che ci rende ancor più tristi e rassegnati gamberi sociali.
--RilanciaFriuli
- Fulvio Mattioni
- Articolo
Un tema - quello della povertà in Italia e nel Friuli - trattato in diversi articoli da Fulvio Mattioni e Roberto Muradore. Il convegno "Beati i poveri?" è stato promosso dal Centro Balducci, anche al fine di impegnare la politica locale ad un intervento serio programmatico su questo doloroso tema. La trascrizione e il video dell'intervento di Fulvio Mattioni al convegno è un'occasione per definire sul piano dei numeri le caratteristiche del problema, in Italia e nel nostro territorio.
Il video dell'intervento
Intervento di Fulvio Mattioni al convegno "Beati i poveri?" - Centro Balducci 15 marzo 2023. Modera Giacomina Pellizzari del "Messaggero Veneto".
Fulvio Mattioni, ci aiuti a leggere i dati, cioè: cosa raccontano i dati che Lei sta per illustrare. Vanno verso la realizzazione del sogno di giustizia e il sogno che inseguono i poveri italiani e stranieri?
Parlando con don Paolo, da lui, è venuta fuori questa domanda: “beati i poveri?” Ci ho pensato e gli ho detto “Beh, saranno beati i poveri solo se è beata anche la decrescita infelice che abbiamo sperimentato negli ultimi 15 anni". E lui mi chiede “ma che c'entra la decrescita infelice?”. Allora ho cercato di buttar giù quattro numeri per cercare di rispondergli spiegando il rapporto stretto esistente tra la decrescita infelice (del reddito) e la povertà. Ma, anche, per il dovere morale e la necessità di seminare per poter avere un raccolto futuro, ancorché colto da altri.
Questo è anche il senso profondo del bellissimo quadro “seminatore al tramonto” di van Gogh che ho messo come copertina del mio ultimo libro “Oltre la Bla bla Economy". L’Italia che c’è, che verrà che desideriamo”. E, nel caso odierno, il Fvg che desideriamo si realizzi con l’avvio della prossima legislatura. Io sono al tramonto, la nostra società anche (perché piuttosto vecchia ma, insomma, dobbiamo pensare anche ai nostri giovani, agli immigrati e alle loro famiglie e a tutta una serie di persone per le quali dobbiamo seminare anziché continuare a rendere arido il nostro comune terreno. Se i numeri parlassero – come ha detto don Paolo - sarei un economista chiacchierone perché adoro i numeri: essi, infatti, offrono la possibilità di non “dare i numeri”. Ho tenuto una volta una rubrichetta su un settimanale e il titolo era proprio questo: “numeri per non dare i numeri”.
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Articolo pubblicato sul Messaggero Veneto del 15/02/2023 con il titolo "Aspettiamo progetti validi per risollevare l'economia" e inviato a nome di Rilanciafriuli da Fulvio Mattioni e Furio Petrossi.
Interessante l'ampio dibattito ospitato dal Messaggero Veneto su Identità (friulana) e Autonomia Fvg ma carente di una esplicita visione evolutiva dell'Autonomia nostrana. In modalità subliminale (leggi: pubblicità occulta), tuttavia, sono emerse prese di posizione (non documentate, per l'appunto) volte ad assicurare che autonomia ed economia nostrane sono le migliori possibili (!). Ciò perché una crescita (stimata) dello 0,4% del nostro Fvg, nel 2023, sarebbe salvifica di per sé (?); perché i risultati conseguiti dall'Autonomia del Fvg sono adeguati (quali?) e perché l'attuale presidente della Regione è imbattibile (come Golia?).
L'ovvia conclusione?
Che è tempo perso discutere dell'attuale penosa condizione del Fvg e tantomeno di progettarne la rinascita.
Al contrario, auspichiamo che nelle prossime settimane si allestiscano e si confrontino alla luce dei riflettori due (o più) progetti di rinascita e che tra i due (o più) candidati che aspirano a gestire la prossima legislatura - che chiameremo, per comodità, uno Golia e gli altri Davide - venga scelto il più convincente perché all'altezza del compito: avere una Autonomia solida, solidale e sostenibile, ora mancante.
Perché serve addirittura una rinascita del Fvg, che si avvii da subito e che prosegua nei prossimi cinque anni? Perché da "giapponesi del Nord-Est" siamo diventata "gamberi speciali", come vedremo.
Dal versante politico, la causa è da ricercarsi nella trasformazione da Autonomia di Benessere - che nei suoi primi 25 anni ha promosso lavoro, imprese, servizi pubblici e privati - ad Autonomia aliena dai fabbisogni della società friulana e alienata dagli obiettivi (fuori scala) perseguiti negli ultimi 25 anni. Tradottisi, ahinoi!, in altrettanti insuccessi dai costi faraonici. Come l'alta velocità da realizzare in poco più di 100 km con arrivo a Trieste città previa "bucatura" del Carso; la realizzazione della terza corsia dell'autostrada A4 il cui costo è stato posto a carico del bilancio regionale (poveri noi!) ma la cui utilità è quasi esclusivamente sovraregionale; il decentramento (mai realizzato) posto alla base del Comparto Unico del pubblico impiego del Fvg costato oltre 600 milioni ma che lascia sguarniti di dipendenti i nostri Comuni (mancano oltre duemila dipendenti!) e l'Ente regionale stragonfio di personale; l'ambizione regionale di possedere una propria banca (caso unico in Italia), costata, tra perdite di bilancio e trasferimenti regionali, oltre 600 milioni di euro; il protocollo Tondo-Tremonti avente per oggetto un federalismo fiscale mai realizzato ma costato 2,7 miliardi di euro (dal 2011 al 2019) ed il cui costo successivo è diventato "carsico" dopo l'ultimo accordo siglato tra Regione Autonoma Fvg e Stato. E poi c'è la presa in carico della Sanità (unico caso, serve dirlo?, in Italia) con un suo inadeguato finanziamento mai rinegoziato con lo Stato.
A
ll'agonica Autonomia del Fvg, peraltro, si accompagna l'impoverimento della base imprenditoriale indigena che ha perso - dal 2009 - oltre seimila imprese (-7,1%) di cui 4.200 industriali (-15,8%), aspetto che spiega la decrescita economica e la diminuzione del lavoro con annesso impoverimento. La prima tabella, infatti, dice che - sommando il reddito reale prodotto dall'economia negli anni che vanno dal 2008 al 2021 - l'Italia decresce del 4,7%, che limitano la perdita le macro-ripartizioni del Nord-Est (-1,0%) e del Nord-Ovest (-1,8%), che soffrono di più quelle del Centro (-6,6%) e del Mezzogiorno (-10%). Continua, infine, facendoci apprezzare l'ottimo risultato della ex-provincia triestina (+3,6%), che stabilisce l'ottava miglior prestazione tra le 107 province italiane e si colloca tra le sedici capaci di accrescere il proprio reddito. A livello nostrano, segue la ex-provincia di Gorizia (-0,4%, 17esima), quella di Pordenone (-2,3%, 26esima) e quella di Udine (-14,1%, 83esima) con un risultato, quest'ultima, peggiore di quello accusato dal Mezzogiorno d'Italia (-10,0%). Fanno addirittura meglio di Udine, ad esempio, le province di Catania, Napoli e Crotone. Il Friuli, peraltro, non brilla: -8,8%!Sono dati storici, cioè consolidati ed ufficiali, che vanno tenuti ben presenti perché l'economia non ricomincia mai da zero ma riparte ogni anno dai risultati raggiunti. Nel nostro caso regionale, poi, hanno un protagonista negativo chiaramente identificato: l'industria, come si evince dal secondo grafico. Essa, nel periodo 2008-2021, perde quasi il 12% del proprio reddito trascinata verso il basso dal tonfo fatto registrare dal settore localizzato nella ex-provincia udinese (-29,9%!). Perché, allora, il presidente di Confindustria Alto Adriatico non propone un Piano di rilancio del settore alla Regione ma battezza Golia come imbattibile, atto che non ha precedenti né in Italia né in Fvg? Perché il presidente di Confindustria Udine si rallegra per la menzionata (azzardata) stima del +0,4% per l'intero Fvg, ma non piange sul "profondo rosso" patito dal settore nel territorio di sua competenza? L'idea che l'economia vada bene, che la Regione Autonoma Fvg abbia fatto tutto il suo dovere, che l'onda politica nazionale oscuri la specificità della nostra Autonomia rendendo inutile un progetto di rinascita per la prossima legislatura sono infondate e dannose per tutti noi.
- Ubaldo Muzzatti
- Articolo
Articolo di Ubaldo Muzzatti pubblicato sul "Messaggero Veneto" del 15 gennaio 2023
Durante le trasferte di lavoro in valle alloggiavo in un piccolo albergo a conduzione familiare. Nondimeno la gestione era informatizzata ed erano tempi in cui, da noi, i computer stavano entrando appena nelle grandi aziende. Dal balcone della mia camera la vista spaziava su vigneti, meleti, pascoli e prati da fienagione. Anche in questi ultimi, quando il pluviometro ne rilevava la necessità, si attivava l'irrigazione a pioggia. Su una piazzola poco distante, in certi giorni, si vedeva una processione di autobotti per irrorazione che venivano a rifornirsi delle miscele per i trattamenti antiparassitari o per la concimazione. A ogni operatore, in base al codice della propria azienda, veniva erogata la quantità di miscela necessaria, perfettamente dosata in base alle colture, il periodo, le condizioni pedoclimatiche. Il servizio è gestito dai tecnici competenti dell'assessorato all'agricoltura ed è uno dei fattori che determinano la generale alta qualità delle produzioni locali.
Durante una di queste trasferte mi meravigliò non poco l'avanzamento di un cantiere edilizio. In mezzo a case e altri edifici, rigorosamente in stile montagna, con tetti spioventi, tanto legno, coperture in scandole o tegole ardesiate, i costruttori cominciarono ad assemblare, sulle fondamenta, una struttura prefabbricata di acciaio zincato. In pochissimo tempo realizzarono lo scheletro di quello che si rilevò poi un albergo che, coperta la struttura con pietra, legno a profusione, e ogni altra finitura si inserì perfettamente nel paesaggio alpino circostante. Esempio concreto di come le nuove tecniche possono e devono essere impiegate per valorizzare l'ambiente e le tradizioni locali senza stravolgimenti. Lavorando con i dirigenti e le maestranze locali ho potuto constatare che, effettivamente, lassù, sono più le persone che parlano quattro o cinque lingue che non le sole tre (tedesco, italiano e ladino) con cui obbligatoriamente per tutti si tengono le lezioni nelle scuole primarie e dell'infanzia.
Sto descrivendo, ovviamente, dei fatti, delle situazioni riscontrabili in Alto Adige/Südtirol. La "provincia autonoma" di Bolzano è, in Italia, la regione (tale è di fatto) con il più alto reddito pro capite, la migliore qualità di vita, il più capillare e praticato plurilinguismo, i migliori esiti scolastici, strenua nel difendere l'ambiente, la tradizione e le lingue locali e, non di meno, capace di introdurre, prima di altri, le innovazioni tecnologiche impiegandole per le proprie peculiarità.
Insomma, la prova provata e verificabile da tutti che con la propria identità si può progredire ed essere all'avanguardia evitando i passi falsi indotti da una male imposta (e interessata) globalizzazione. Se ne ricordino i friulani quando leggono certe stucchevoli affermazioni tendenti a far credere che il sentimento di appartenenza, l'identità peculiare, siano di impedimento al progresso. Non è vero, lo provano le regioni autonome di Trento e Bolzano, della Valle d'Aosta; lo prova la comunità autonoma di Catalogna, la più progredita della Spagna. E anche qui da noi, in Friuli, due dei momenti più alti e proficui, la ricostruzione post-terremoto e l'istituzione della Università, sono stati avviati, sostenuti e ottenuti grazie alla coesione identitaria dei Friulani.
Ricordiamocene, cerchiamo di rendere strutturale, e non episodica, la coesione derivante dal senso di appartenenza ad una cultura che nulla ha di meno di altre o di millantate "non culture" globali.
- Fulvio Mattioni, Roberto Muradore
- Articolo
Articolo di Fulvio Mattioni e Roberto Muradore sul "Messaggero Veneto" dell'11 gennaio 2023 con il titolo "Cinque anni per realizzare un'autonomia solidale".
Èvitale che prenda sostanza un sogno collettivo di una autonomia laboriosa, solidale e sostenibile da realizzare nella legislatura 2023- 2027.
È vitale perché «se una comunità non riesce ad aggregarsi attorno ad un sogno condiviso non trova ragioni per impegnarsi, essere solidale, liberare tutte le energie che possiede. Nei sogni inizia la responsabilità. Perché se abbiamo un obiettivo non resteremo indifferenti, ignavi o passivi né aspetteremo che qualcuno agisca per noi. Diverse, invece, sono le illusioni. L'illusione è evasione, travisamento della realtà, rifugio nell'immaginario per non doversi confrontare con l'esistente, per sfuggire alle proprie responsabilità». (Bruno Tellia, prefazione a "Caro modello Friuli", l'Orto della Cultura Editore, 2015). Già allora era iper-palese che il modello Friuli era una mera gloria del passato, che la politica locale non poteva più vivere di rendita su di essa e che la Grande Crisi 2008-2013 richiedeva un Rinascimento dell'autonomia nostrana.
Se una comunità non riesce ad aggregarsi attorno ad un sogno condiviso non trova ragioni per impegnarsi, essere solidale, liberare tutte le energie che possiede |
Figurarsi ora, dopo la crisi pandemica e la frenata in corso della spesa statale!
Ma ecco un veloce identikit della situazione nostrana.
La decrescita infelice
Il Fvg ha vissuto una decrescita infelice (del reddito, ma non solo) nel periodo 2008-2021 che lo colloca nella coda delle 12 regioni del Centro-Nord, che colpisce con maggiore intensità la ex-provincia di Udine (più ancora del Mezzogiorno d'Italia!) interessando, però, l'intero Friuli. Decrescita che lascia una eredità pesante in termini di lavoratori inutilizzati (oltre 70mila nel 2021 tra disoccupati, scoraggiati e sospesi dal lavoro); di poveri assoluti e bisognosi di cibo (oltre 50mila) e di persone che si collocano attorno alla soglia di povertà (i poveri relativi registrati dall'Istat sono ben 100mila).
Sul versante istituzionale abbiamo un Ente regionale elefantiaco (un "Palazzo" più affollato di personale di quello della Regione Lombardia, 9 volte più popolosa!); una emergenza occupazionale dei Comuni dove mancano oltre duemila dipendenti; uno sperpero della RA-Fvg (Regione Autonoma) equivalente a 10 miliardi di euro in progetti speculativi e scelte infrastrutturali rivelatesi fallimentari perché fuori scala. Di seguito quattro esempi macroscopici. Il finanziamento della terza corsia della A4 (costo superiore a 3 miliardi per un'opera di utilità nazionale, ma inopportunamente posta a carico di noi indigeni); il protocollo Tondo-Tremonti (del 2010, e le sue successive modifiche) sottoscritto nell'attesa di un fantasmatico federalismo fiscale (altri 3 miliardi di euro); l'istituzione del Comparto unico del pubblico impiego, che doveva realizzare il summenzionato decentramento dal "Palazzo regionale" agli Enti locali (perché più prossimi ai bisogni di persone e imprese), costato oltre 600 milioni di euro. Un altro mezzo miliardo di euro, infine, è stato speso per ripianare le perdite di bilancio di alcune società finanziarie partecipate dalla Regione Autonoma-Fvg.
Le attese per il futuro
Le attese del Fvg per il 2023?
Crescita ZERO (ben che vada)!
Che segue la crescita del Pil 2021 e 2022 dovuta alla spesa pubblica statale (superbonus, ristori alle imprese, ammortizzatori sociali, reddito di cittadinanza, ecc.) messa in campo dal Governo Draghi per superare la severa recessione pandemica del 2020. Crescita che interessa tutte le regioni d'Italia e alla quale la nostra specialità non aggiunge niente di suo. Tutt'altro! Nel 2021 il Pil Fvg cresce del 6,1% contro il 6,7% italiano (dati Istat) e la crescita prevista per il 2022 è del 3,2% in Fvg e del 3,4% in Italia (fonte: RA-Fvg). La decrescita infelice e l'approccio "da figliol prodigo alieno" della nostra autonomia, influenzano negativamente il calo della popolazione del Fvg e i 3 principali segmenti che la compongono. Ovvero: calano i giovani (0-14 anni) e le persone in età lavorativa (15-64 anni), aumentano gli anziani (gli over 64enni). Non solo, viene meno l'appeal del Fvg nei confronti degli immigrati economici venturi, ma anche di quelli attuali (perché colpiti da tassi di disoccupazione più che tripli rispetto agli indigeni) e per l'innalzamento (ideologico) di barriere all'accesso del reddito di cittadinanza (i 10 anni di residenza richiesti non trovano un equivalente in Europa). La composizione tra giovani, persone in età lavorativa e anziani sarà - da noi - di gran lunga più squilibrata. Conseguentemente avremo una necessità gigantesca di Welfare (salute e assistenza) in una economia sempre più nana e dunque incapace di finanziarlo.
La prossima legislatura, pertanto, non può essere supinamente frutto "dell'onda nazionale" né del "tirare a campare", ma richiede la costruzione di una autonomia laboriosa, solidale e sostenibile. Capace, cioè, di invertire il grave squilibrio prodottosi tra Economia e Welfare e, sfida nella sfida, di raggiungere la cruciale sostenibilità ambientale. In questi tre mesi, pertanto, la politica deve elaborare strategie innovative lungimiranti e progetti concreti ritagliati sui fabbisogni nostri e della Next Generation Fvg (figli e nipoti).
CINQUE PUNTI
Qualche esempio?
Uno. Più lavoro per tutti ma, in particolare per i nostri giovani, protagonisti di espatri senza ritorno, di investimenti pubblici e privati goduti da altri Paesi, di distacchi affettivi dolorosi, di fuga di lavoratori qualificati. Tali negatività vanno sanate promuovendo l'incontro tra le decine di migliaia di lavoratori inutilizzati (disoccupati, scoraggiati, sospesi dal lavoro) e le imprese bisognose di manodopera. Ci si ponga l'obiettivo di formare 40mila lavoratori inutilizzati per inserirli al lavoro nei prossimi 5 anni, con un percorso condiviso tra formandi e imprese.
Due. Rigenerare gli Enti strumentali della RA-Fvg sia per conseguire l'obiettivo precedente sia per adeguarli alla ricerca di imprese, imprenditori e finanziatori esterni alla nostra regione (e all'Italia) onde ampliare l'offerta di lavoro e di produzioni sostenibili. Servono, però, Enti snelli e dotati di personale con esperienze e relazioni professionali extra-regionali e competenze manageriali. Non Enti burocratici come le neo-costituite Agenzia Lavoro & SviluppoImpresa e FVG Plus.
Tre. Ampliare e qualificare il Welfare del nostro Fvg con due mosse essenziali.
- La prima è aprire un tavolo con il Governo per concordare un meccanismo che adegui il costo della sanità nostrana all'invecchiamento della popolazione locale. Mancano, infatti, 250/300 milioni l'anno rispetto a quanto concordato decenni fa allorché ci siamo accollati (unici in Italia) la sanità.
- La seconda è di investire nelle nostre case di riposo pubbliche al fine di ampliarne i posti e innalzarne qualità e sicurezza e i finanziamenti vanno trovati nella de-contribuzione degli aiuti dati a quelle private (assai più costose per l'utenza) perché, di fatto, si configurano come un mero sostegno ai loro profitti.
Quattro. Avviare il decentramento di funzioni, lavoratori e risorse dal "Palazzo" regionale a opportune aggregazioni di Comuni, capaci, ad esempio, di progettare e gestire le risorse loro affidate dal PNRR. Urgentissimo, inoltre, porre rimedio all'emergenza occupazionale che affligge i Piccoli Comuni (meno di 5mila abitanti, ben 153 sui 215 totali del Fvg) che ostacola lo svolgimento della loro missione istituzionale.
Cinque. Una autonomia solidale deve ricercare la coesione sociale praticando l'inclusione delle persone più fragili e povere. In tempi duri come gli attuali e quelli attesi, è facile prevedere un aumento della povertà assoluta nel 2023 in Italia e in Fvg sospinto, altresì, dal taglio del Reddito di Cittadinanza decisa con la manovra 2023. Un Fondo antipovertà finanziato dalla RA-Fvg e gestito dai Comuni - che conoscono meglio persone e territorio - appare adeguato e in linea con una Autonomia solidale.
Poiché ci interessa una autonomia di cui essere orgogliosi e non una autonomia agonica, serve una legislatura davvero ... ri-Costituente!