Autonomia senza risorse: sarà dura riprendersi dall'emergenza Nel 1976 abbiamo potuto prendere in mano il nostro destino ma l'economia era in crescita: adesso va peggiorando Bisogna nuoversi: Trieste lo ha già fatto |
IL GNÛF ORCOLAT - Fulvio Mattioni - economista
ICoronavirus, analogamente al sisma del 1976, porta lutti e sofferenze sociali di vario tipo e grado ma, diversamente da allora, colpisce un tessuto economico ed imprenditoriale interessato da una decrescita infelice che coinvolge tutta l’area friulana. Area che rappresenta all’incirca l’85% della popolazione residente del Fvg e, di conseguenza, di tutte le macro-variabili rilevanti.
La decrescita infelice, infatti, si manifesta con un ridimensionamento significativo dei valori del reddito prodotto dall’economia, delle esportazioni, dell’occupazione e delle presenze turistiche friulane. Fondamentali macroeconomici che peggiorano nettamente se consideriamo la sola ex-provincia di Udine.
L’Orcolat, invece, era stato fronteggiato e vinto perché il sistema economico friulano era in forte crescita. Perché? La sua imprenditoria era frizzante così come lo erano le forze politiche di allora, i sindaci e i sindacati dei lavoratori.
Il collante del successo?
Un elisir portentoso: l’unità di intenti, l’obiettivo (condiviso da tutti) del rilancio, la guida friulana dell’intero processo, il raccordo con il livello nazionale e le risorse messe a disposizione dallo Stato.
I comportamenti di allora?
La R.A. Fvg ha continuato a svolgere la sua azione di guida dello sviluppo economico e sociale decentrando – molto saggiamente - la gestione dell’intervento agli Enti Locali.
Gli imprenditori hanno continuato a fare il loro mestiere senza piagnistei e senza essere concorrenti per l’acquisizione delle risorse rispetto a famiglie e lavoratori.
I sindacati dei lavoratori hanno contribuito a realizzare il motto “prima le fabbriche, poi le case e le chiese”.
Dal versante legislativo ed operativo si sono succedute con ordine e determinazione la fase dell’emergenza e quella dello sviluppo.
Tornando a marzo 2020 poniamoci una duplice domanda:
1) c’è un barlume di consapevolezza della grave “decrescita infelice” friulana?
2) c’è un fievole barlume dell’urgenza di mettere mano ad un “Piano RilanciaFriuli” e di ciò che esso comporta?
La risposta, ahinoi!, è due volte negativa per cui non c’è nemmeno un barlumino. I “timonieri” delle Giunte del nuovo millennio hanno orientato il bilancio della RA Fvg verso opere infrastrutturali ed interventi inutili e/o fantasiosi e sempre ultra-costosi immiserendo così la nostra cara autonomia.
Esempi?
La regionalizzazione della sanità con esborsi del bilancio regionale superiori a 1,1 miliardi; L’europeo Corridoio V (per fortuna irrealizzato, ma quanto tempo ed energie persi!); la terza corsia dell’autostrada A4, con 2,1 miliardi di euro a carico del bilancio regionale; il comparto unico dei dipendenti pubblici del Fvg, costato oltre 600 milioni; la riforma del turismo regionale all’impronta del tutto pubblico-tutto gratis costata più di 250 milioni; la trasformazione della finanziaria di sviluppo pubblica Friulia spa in holding speculativa (… ma in perdita!); la pubblicizzazione di Mediocredito Fvg con perdite e ricapitalizzazioni pluri-centi-milionarie e a carico del bilancio regionale; l’abbattimento del debito pubblico regionale in tempi di crisi (oltre un miliardo perso al sistema produttivo) non richiesto dallo Stato; lo scellerato protocollo Tremonti-Tondo del 2010 che ci è costato, finora, 2,7 miliardi di euro. Insomma, in totale diversi miliardi di euro (non migliaia, non milioni, si badi bene) buttati al vento anziché finalizzati alla crescita economica, del lavoro, della formazione e del Welfare.
Che ve ne pare se confrontati con i 30 milioni stanziati per fronteggiare l’emergenza provocata dal Coronavirus? Quattrini, peraltro, sottratti in gran parte da impegni di spesa allocati precedentemente in altri capitoli di bilancio. Ma, purtroppo, c’è ben di più (o meglio sarebbe dire, assai di meno). Vale a dire il nanismo politico dell’area friulana che impedisce la rivendicazione di un “Piano RilanciaFriuli” adeguato a fuoriuscire dal terremoto economico e sociale provocato dalla decrescita infelice di tale area.
Come superare la fase emergenziale ed avere una visione per il medio periodo? Quella del Coronavirus soprattutto grazie all’intervento che sta mettendo in campo il livello nazionale poiché si estende anche alla tutela ed al sostegno dei lavoratori.
Quella del rilancio dell’area friuliana avente un respiro di 3-5 anni con una Conferenza patrocinata dall’Università del Friuli ed aperta a tutte le rappresentanze associative, istituzionali e politiche.
Il suo fine?
Fornire analisi e riflessioni su due temi cruciali ai soggetti dianzi menzionati. Il primo è la condivisione di una analisi realistica ed onesta della situazione in cui versa l’area friulana da raggiungersi attraverso l’identificazione di un Piano ad hoc e delle sue linee portanti, la determinazione delle risorse necessarie ad alimentarlo, l’individuazione delle strategie per sostenere un confronto collaborativo con lo Stato finalizzato a definire strumenti giuridici idonei e l’entità di risorse finanziarie di sua competenza.
Il secondo tema è trovare una soluzione istituzionale al “sottovuoto friulano” lasciato dalla marginalità degli Enti intermedi che hanno sostituito le ex-provincie per cui, di fatto, contano unicamente il “Palazzo” regionale (che non pensa al Friuli) e Trieste città metropolitana.
Trovare la soluzione equivale ad individuare il soggetto a cui consegnare la proposta ed il progetto di un Piano siffatto. Che è tutt’altro che un progetto anti-triestino in quanto Trieste ha già realizzato il suo assetto istituzionale ed ha in fase di avanzata realizzazione il suo “RilanciaTrieste”.
Quale, dunque, l’unica possibile soluzione? Una Regione Fvg Autonoma (che c’è già) con due province autonome (da realizzare) sulla base del modello Trentino-A.A. (che è garanzia di successo). Vale a dire la provincia del Friuli (Gorizia, Pordenone e Udine assieme) e la provincia di Trieste. Non per campanilismo, non per inimicizia, dunque, ma solo perché il Friuli diventi finalmente responsabile e protagonista del suo destino.
Tabella: Saldo di Reddito, Export, Occupati e Presenze turistiche, variazione %
Territorio | Reddito Economia | Export | Occupati | Presenze turistiche |
ITALIA | -5,7% | 14,7% | 1,2% | 26,5% |
Nord-Ovest | -2,5% | 9,2% | 2,2% | 47,2% |
Nord-Est* | -1,2% | 18,0% | 2,8% | 24,0% |
Mezzogiorno | -11,2% | 10,3% | -3,9% | 28,0% |
Friuli V.G. | -8,5% | 3,4% | -1,3% | -2,0% |
Friuli | -11,2% | -7,3% | -2,7% | -7,5% |
di cui: Udine | -16,0% | -5,7% | -4,0% | -10,2% |
Trieste | 2,3% | 69,0% | 4,9% | 60,9% |
Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT
Legenda: Friuli = le 3 ex-province di GO, PN e UD assieme
Reddito = saldo valore aggiunto del periodo 2008-2018, a prezzi costanti
Export = saldo export 2008-2019, a prezzi costanti
Occupati = saldo occupati 2008-2019
Presenze turistiche = saldo giornate di presenza 2000-2018
Nord-Est* = Friuli escluso