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Il cantiere del nuovo ospedale per il Friuli occidentale a PordenoneUna scelta strategica da fare 

In questi giorni difficili, per la pandemia del Coronavirus, una delle impellenze – tra le più drammatiche – è quella relativa alla carenza di spazi adeguati e attrezzature per ricoverare e curare il gran numero di ammalati. Ecco che allora si cercano delle soluzioni di emergenza non sempre adeguate e certamente costose: conversioni di reparti, riapertura di strutture sanitarie chiuse, tende adibite a triage, ospedali da campo, allestimento di reparti in spazi dismessi (fiere), lazzaretti in alberghi, navi, traghetti ed altro ancora.

Qualche anno fa ci fu a Pordenone e nel Friuli occidentale un vivace dibattito sul nuovo ospedale, ora in costruzione. Vari gli aspetti in discussione, tra cui l’ubicazione (in città o in Comina), l’ampiezza, il numero di reparti e di posti letto, le specializzazioni previste e quelle mancanti, …

Mi inserii nel dibattito con un contributo che esulava dai temi ricorrenti e che fu pubblicato dal quotidiano friulano nelle pagine locali di Pordenone. Proposi che, una volta stabilito – con i criteri scientifici, epidemiologici e quant’altro - i reparti, i servizi, ogni altro spazio e dotazione necessari e, ovviamente, il numero di posti letto, fosse previsto un reparto di degenza di riserva, di norma non utilizzato ma utile (indispensabile in verità) per almeno due ragioni.

La prima è quella che stiamo sperimentando in queste settimane con l’emergenza indotta dal Covid19. Se gli ospedali avessero questo reparto di riserva con una discreta aliquota di posti letto, normalmente non utilizzati, avremmo potuto rispondere in tempi rapidissimi e molto meglio alla straordinaria necessità di ricoveri. La seconda, meno drammatica ma non meno importante, è data dalla possibilità di ruotare i reparti di degenza per rendere possibile le necessarie sanificazioni e manutenzioni periodiche. Spostando per un periodo i degenti di un reparto operativo in quello di riserva si possono fare, senza creare disagi, varie operazioni a partire dalla ritinteggiatura igienizzante delle stanze.

Rendering del nuovo ospedale del Friuli occidentale

Ora non si deve credere che se si aggiunge un reparto di riserva con il 10% di posti letto, rispetto al totale ordinario, si vada a spendere il 10% in più nella realizzazione di un nosocomio. In percentuale si spende molto meno, per varie ragioni. Molti reparti e servizi rimangono invariati: pronto soccorso, prelievi, laboratori, ambulatori vari, farmacie, magazzini, uffici. Per cui la maggiorazione del solo spazio di degenza diventa una frazione molto più piccola del fabbricato e soprattutto del costo totale di realizzazione. E il costo di gestione del reparto di riserva sarà ancora minore, legato al solo mantenimento in ordine, visto che normalmente non è operativo, se non in sostituzione di un altro in occasione delle rotazioni citate.

Bisogna, infine ricordare, che la proposta era (ed è) mutuata da altri settori in cui è praticata da tempo. Per fare un esempio, le forze armate hanno i “reparti quadro”, ovvero unità che sono predisposte ma che normalmente (in tempo di pace) non hanno personale, se non quello minimo per consentirne un rapido approntamento in caso di necessità. Lo stesso dicasi per i sistemi d’arma strategici, gli aerei da combattimento, per esempio, se ne comprano 100 per averne operativi 70, gli altro costituiscono, appunto, la riserva strategica.

A maggior ragione sarebbe ragionevole, e persino conveniente alla fine, avere dei reparti quadro, delle riserve strategiche negli ospedali, per la salvaguardia del bene più prezioso: la salute.

La Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, che ha avuto anche l’emergenza del terremoto del ’76, e che si paga la sanità, dovrebbe pensarci prima di altri.