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Il tema dei temi è il lavoro e lo è ancor di più in Friuli. Ciò sia perché la laboriosità è parte costitutiva dei friulani ma anche e soprattutto perché da troppi anni il lavoro davvero scarseggia. La perdita di posti di lavoro è ovviamente causata dalla grave crisi economica che ha colpito tutti ma la nostra terra in modo particolarmente pesante. I livelli occupazionali, come è noto, dipendono dalla quantità di reddito che l’economia è in grado di produrre e vendere sul mercato. E’ necessario ricordare, quindi, che nel periodo 2008-2018 l’economia del Fvg ha perso una fetta di reddito pari all’8,5% come risultato della botta dovuta alla Grande Crisi del periodo 2008-2013. Va detto con amara sincerità che in ambito nostrano la situazione fu presa molto sotto gamba un po’da tutti, salvo poche e inascoltate lodevoli eccezioni.
La Patrie dal Friûl - Gennaio Febbraio 2020E a ben poco ha giovato la assai debole ripresina che si è realizzata nel successivo periodo 2014-2018. Va sottolineato, inoltre, che è l’area friulana ad essere stata interessata dal crollo del reddito: -11,2% il reddito perso complessivamente dalle tre ex province di Gorizia, Pordenone e Udine. L’economia della ex-provincia di Trieste, al contrario, ha visto crescere il reddito della propria economia del 2,3%. E’ Da segnalare, infine, che la perdita dell’area friulana è del tutto identica a quella patita dal Mezzogiorno d’Italia e che la ex-provincia di Udine fa ancora peggio perdendo il 16% del suo reddito totale! Date queste premesse economiche è successo che nel periodo 2008-2018 il saldo negativo dell’occupazione dell’area friulana è del -2,9%, pari ad un decremento di oltre 12mila occupati, mentre il saldo occupazionale positivo della ex-provincia di Trieste è del +4,9%, corrispondente a 4.639 occupati addizionali. In definitiva, gli andamenti occupazionali hanno seguito quelli economici. Approfondendo il ragionamento sui dati occupazionali si riscontra che il settore industriale (ovvero la manifattura e l’edilizia) patiscono un taglio dell’occupazione decisamente più pesante di quello del resto dell’economia. E il Friuli è caratterizzato proprio dal manifatturiero. Il settore industriale friulano, infatti, perde ben il 17,3% degli occupati presenti nel 2008 contro l’8,7% di quello triestino. La ex-provincia di Udine, sempre nel periodo considerato, perde addirittura il 24,9% dei propri addetti industriali. La perdita dell’occupazione industriale è particolarmente grave anche perché il settore riconosce retribuzioni più alte di quelle molto basse offerte da diversi comparti del settore terziario. Il terziario, infatti, è in gran parte tutt’altro che “avanzato” e i contratti applicati, normando lavori spesso dequalificati, sono più poveri. Nel terziario, purtroppo, è maggiore anche la precarietà dei rapporti di lavoro. Un altro elemento da considerare, sempre collegato ai precedenti, consiste nell’esplosione della quantità di lavoro lasciato inutilizzato dall’economia: in Fvg, nel passaggio dal 2008 al 2018, cresce del 46,5%, giungendo oltre le 72mila unità. Il lavoro inutilizzato è composto da persone in età lavorativa disoccupate, scoraggiate o sospese dal lavoro (coperte cioè da ammortizzatori sociali). [zt_blockquotes type="box" author="Roberto Muradore" extra-class="blockquotes"] Facciamo in modo che a star bene non siano solo e tanto i rappresentanti ma i rappresentati![/zt_blockquotes]Anche in questo caso ha una sua grave evidenza la pesantezza del fenomeno nel mercato del lavoro della ex-provincia di Udine: qui il lavoro inutilizzato cresce addirittura del 71,6%, decisamente il valore più elevato tra le 4 ex-province e molto di più del dato regionale, il 46,5%, per l’appunto. Le cose dell’economia e del lavoro sono così malmesse che i nostri giovani che se vanno a ‘cercare fortuna’ all’estero sono, percentualmente, tra i più numerosi in Italia. Pure gli immigrati vanno altrove in quanto anche per loro, sebbene in settori non qualificati, non ci sono molte occasioni di lavoro. Urge, allora, che i gruppi dirigenti locali delle istituzioni, della politica, dell’economia, del mondo del lavoro facciano fronte comune per rilanciare il Friuli. Per fare ciò serve che tutti maturino velocemente una reale consapevolezza dello stato delle cose e una convinta volontà di ripartire, così come avvenne dopo il terremoto del 1976. E, in effetti, così come dicono i numeri sopra esposti, abbiamo subito un vero e proprio terremoto economico e sociale. Solo da una analisi corretta della situazione in cui ci troviamo, senza attardarci al pessimismo o all’ottimismo interessati e/o di maniera, e dalla comprensione del perché ci siamo giunti possono originarsi le idee, non esiste una sola ricetta, per arrestare il declino. Se non saremo capaci, insieme, di dare il via all’inizio di una concreta inversione di tendenza, alle genti del Friuli si prospetta un gran brutto futuro. Esistono, invece, le condizioni e le potenzialità per rilanciare davvero il nostro Friuli. I rappresentanti istituzionali, politici, sociali lavorino a una “CONFERENZA PER IL FRIULI” che li veda insieme a progettare il futuro. Nessun soggetto, né istituzionale né di rappresentanza, è in grado, da solo, di affrontare e risolvere questa pesantissima situazione. Ognuno, però, può offrire il proprio contributo di conoscenza e di proposta. La Camera di Commercio, che ha già organizzato importanti momenti di riflessione col “Friuli Future Forum”, e l’Università di Udine (si legge del Friuli), con il suo “Cantiere Friuli”, potrebbero essere utilissimi a tale scopo. Qualora non riuscissimo a prospettare e praticare urgentemente un percorso di rivitalizzazione dell’economia e della società locale condanneremmo le nostre comunità a disperdersi e a perdersi. Come tutte le crisi anche la nostra, ahinoi, è innanzi tutto culturale e morale, a partire dal cinismo di gran parte dei gruppi dirigenti, più interessati al loro personale destino che al bene comune. Facciamo in modo che a star bene non siano solo e tanto i rappresentanti ma i rappresentati!