La stima Istat del Pil relativa al 2° trimestre del 2019 frantuma le speranze (infondate) di una economia italiana in movimento confermando i timori di stagnazione o decrescita. E, a cascata, peggiorano quelle per il 2020.

Cosa dice, infatti, la stima del Pil?

Che il dato tendenziale del primo trimestre 2019 (rispetto, quindi, al primo trimestre del 2018) registra un calo di 240 milioni (pari a -0,059%) e che il dato tendenziale del secondo trimestre 2019 (rispetto all’analogo periodo del 2018) rendiconta una perdita di 182 milioni (-0,045%). Mettendo a confronto l’intero primo semestre del 2019 con quello del 2018, dunque, si sono persi oltre 400 milioni scendendo da 807,9 miliardi a 807,5 (-0,1%). Significa che la previsione del Def italiano di un +0,1% per il 2019 appare essere sempre più una scommessa e che non ci si può giustificare equiparando la debole crescita europea all’arretramento nostrano. Quale è la scommessa?

Che nel secondo semestre venga un contributo positivo dalla crescita dei consumi grazie al reddito di cittadinanza erogato alle famiglie bisognose e ai pensionamenti di quota cento significativi, questi ultimi, soprattutto nel settore pubblico.

Dal versante negativo, però, dobbiamo mettere in conto che le assunzioni di dipendenti pubblici sono regolate da bandi e vincoli che non permettono di rimpiazzare nel breve termine il personale andato in quiescenza. E che le imprese private utilizzano gli ammortizzatori sociali maggiormente negli ultimi mesi dell’anno per adeguare la quantità di lavoro utilizzato alla domanda di mercato.

Soprattutto nel settore manifatturiero che incontra già difficoltà da diversi mesi e che eroga buste paga pesanti rispetto al resto dell’economia. E non ci si può certo rallegrare gigioneggiando sulla tenuta occupazionale italiana poiché essa risulta tale perché ci si limita a conteggiare il numero degli occupati. IL risultato cambio allorché si quantifica il lavoro prestato dagli occupati stessi.

Un esempio? Dal 2002 ad oggi siamo saliti da 1,9 milioni di lavoratori part/time a 4,1 milioni, oltre il 60% dei quali dice di aver bisogno di lavorare a tempo pieno. Chiaro il mistero di una occupazione che cresce ed un reddito che cala?

E il nostro Fvg?

Beh, poiché andiamo, da tempo, peggio del dato medio italiano, immelanconisce prevedere che sarà recessione quest’anno e stagnazione il prossimo.

La tendenza volge al lugubre qualora si prende atto che la nostra autonomia speciale è cieca e non lavora per fronteggiarle.