La Vita Cattolica 31 luglio 2019Nell'intervista a "La Vita Cattolica" del luglio 2019 si interviene su questi temi

  • il punto sulla situazione socioeconomica del nostro Fvg?
  • Interventi sulla stampa del Presidente della Regione
  • Cosa vuol dire? La crescita economica c’è o non c’è?
  • Le economie concorrenti, Nordest in primis, che risultati hanno ottenuto?
  • Quanto vale la fetta di economia persa?
  • una economia ed una società con sempre meno giovani 
  • L’autonomia speciale del Fvg può essere di aiuto per rilanciare lo sviluppo e risolvere la questione friulana?
  •  Quali i due passi più importanti da fare da parte della politica regionale?

Quest’anno il prodotto interno lordo del Friuli-Venezia Giulia – secondo le elaborazioni di Confindustria – aumenterà solo dello 0,3% in termini reali (+0,1% in Italia), in deciso rallentamento rispetto al 2018 (+1,1%), ma in crescita di due decimi di punto rispetto alle stime di tre mesi fa. L’andamento del Pil risulterebbe in lieve accelerazione nel 2020, con un +0,8%. «Conforta il segno più per il nostro territorio – sottolinea Anna Mareschi Danieli, presidente di Confindustria Udine –. Lavoro, inclusione giovani, infrastrutture sono gli elementi essenziali; assieme a una detassazione e decontribuzione dei premi di produzione per i contratti di secondo livello aziendale sono gli elementi su cui lavorare anche in sede politica ». Come vanno interpretati i dati previsionali di una crisi che per taluni studiosi è una vera e propria recessione anche in Friuli-Venezia Giulia? Lo abbiamo chiesto all’economista Fulvio Mattioni.

Confindustria Udine spera in un Pil in crescita dello 0,3% per l’anno in corso: cioè un valore triplo di quello indicato nei documenti di programmazione della Regione Fvg (0,1%). La crescita economica c’è o non c’è?

«In economia – come nella vita, del resto – non si ricomincia mai dal nulla ma dalla situazione, positiva o negativa, ereditata dal passato prossimo. Nel periodo 2008-2013 l’economia del Fvg ha perso l’11% del suo valore aggiunto e, tenendo conto degli effetti positivi ottenuti durante la ripresina 2014-2018, si ha che l’eco- Q lavoratori più giovani e rassegnarsi alla loro fuga verso l’estero».

Quindi un’economia ed una società con sempre meno giovani…

«Sì, per cui significa anche rassegnarsi al fatto che il contemporaneo invecchiamento della popolazione lasci sempre più scoperta la componente anziana rispetto al soddisfacimento dei suoi fabbisogni di welfare. Come l’esperienza dei tagli alla sanità regionale (meno posti letto, meno giorni di degenza, ecc.) negli ultimi dieci anni ci insegna».

La “questione friulana” che lei pone in che cosa consiste?

«Il motivo della decrescita infelice del Fvg nell’intero periodo 2008- 2018 è la perdita dell’11,2% del valore aggiunto prodotto dall’economia della provincia di Udine e la perdita del 5,4% del valore aggiunto di quella di Pordenone. Perdita imputabile alla crisi manifatturiera ed edilizia, ovvero della specialità produttiva nostrana, ma – soprattutto nel caso della provincia udinese – anche al calo demografico, ad una minore presenza di lavoratori immigrati e all’espatrio dei nostri giovani. Vi sembra che una crescita del reddito dello 0,1% - anche se fosse realistico - possa compensare il salasso patito?».

L’autonomia speciale del Fvg può essere di aiuto per rilanciare lo sviluppo e risolvere la questione friulana?

«Certo, altrimenti l’autonomia è solo privilegio e spreco come pensano le Regioni a statuto ordinario. Nel nuovo millennio, però, l’autonomia del Fvg ha ignorato economia, imprese, lavoro e giovani, concentrandosi su opere infrastrutturali, interventi fuori scala e regalie allo Stato che hanno comportato esborsi di miliardi di euro sottratti allo sviluppo dell’economa e del lavoro».

Qualche esempio?

«L’ampliamento della terza corsia a carico del Fvg, il Protocollo Tondo- Tremonti, che regala allo Stato soldi che si aggiungono a quelli dati per il risanamento della finanza pubblica italiana, spese sostenute per il Comparto unico a fronte di un decentramento mai attuato, la trasformazione di Friulia da finanziaria di sviluppo a holding speculativa (in perdita), la pubblicizzazione delle perdite di banca Mediocredito Fvg, la presa in carico della sanità a fronte di un prezzo per il suo mantenimento rivelatosi inadeguato».

La politica regionale, secondo un economista, come dovrebbe cambiare rotta?

«I passi sono due. Il primo consiste nel recuperare importanti risorse al bilancio regionale. Ponendo fine agli esborsi derivanti dal Protocollo Stato- Regione Fvg del 2010, ricontrattando i costi della sanità del Fvg con lo Stato per adeguarli alla nostra situazione demografica, facendo pagare allo Stato i costi di ampliamento della terza corsia della A3 di cui è proprietario, adeguando le finanziarie pubbliche all’esigenze di avere più imprese e più lavoro». Il secondo passo? «Riconoscere che esiste una “questione friulana” da affrontare con un progetto “rilanciaFriuli” – da finanziare in parte con le risorse recuperate al bilancio regionale e in parte cofinanziato dallo Stato – riprendendo una identità ed una collocazione nazionale e internazionale all’area friulana, come è già stato fatto, con indubbio successo, per l’area triestina ».

Francesco Dal Mas


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