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CITTA’ E TERRITORIO - Uniti ma distinti - amministrativamente - per il bene di tutti
Ubaldo Muzzatti prosegue l'analisi teorica delle articolazioni amministrative del territorio indicando elementi di criticità nei tradizionali modelli che privilegiano le città rispetto ai territori circostanti.

CITTA’ e TERRITORIO, QUALCHE DEFINIZIONE

È vero che:

Ai nostri fini – semplificando, ma senza dimenticare i punti precedenti – in FVG consideriamo:

CITTA’ e TERRITORIO, DIFFERENZE OPPORTUNE (E INEMENDABILI)

Stabilito, schematicamente, quali sono le città e quali i territori, è indubbio che si tratti di realtà:

Non di meno le due realtà, città e territorio, sono indissolubili e complementari, reciprocamente indispensabili per la qualità di vita dei cittadini, ovunque residenti.

È interesse di tutti che:

Non è la stessa cosa amministrare (nel senso omnicomprensivo del termine) una città o il territorio e abbiamo bisogno di città e comunità extraurbane gestite in modo ottimale.

Abbiamo l’esigenza di ottimizzare la gestione delle due realtà, nell’interesse di tutti, perseguendo uno sviluppo armonico e complementare. In alcune regioni ciò è realtà consolidata e a queste bisogna guardare.

RAPPORTO AMMINISTRATIVO TRA CITTA’ E TERRITORIO, DUE MODELLI BASE

Non dobbiamo farci distrarre dalle infinite varianti possibili. Il rapporto istituzionale tra la città e il territorio ha due soli modelli base:

Il modello centralistico tende inevitabilmente ad accentrare le risorse e le attenzioni nel capoluogo, con un doppio esito negativo:

Questi fenomeni sono stati particolarmente marcati nella Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia; molto più che nella regione ordinaria Veneto, per esempio.

Ciò in quanto, come contrappeso al ruolo di capoluogo di Trieste, i friulani hanno ottenuto solo una discreta attenzione per i tre capoluoghi provinciali.

Il territorio, dalla montagna alla bassa friulana, dai borghi alle cittadine già fulcro del policentrismo regionale (Tolmezzo, Gemona, Cervignano, Spilimbergo, Maniago, …) ha avuto scarse attenzioni e poche risorse.

E le conseguenze si vedono! Basta guardare gli andamenti demografici dei comuni del territorio. Lo spopolamento – si badi bene – è l’effetto (delle disattenzioni) e non la causa del mancato sviluppo.

IL PROVINCIALISMO ITALIANO (UNA STORPIATURA DEL MODELLO FRANCESE)

L’Italia, per quasi due secoli, in pratica sino ai giorni nostri, ha imperniato l’articolazione amministrativa sulle province, originariamente sul modello centralistico francese (provincia = departement). Nel dopoguerra, con la Costituzione repubblicana sono state previste, e poi introdotte, le regioni. Come spesso succede in Italia, l’introduzione del nuovo ente non è stata accompagnata dalla soppressione, o almeno dall’adattamento, del precedente.

Recentemente lo Stato (legge “Del Rio”) e il Friuli Venezia Giulia (LR n. 26/2014) hanno legiferato per il superamento delle province e l’approdo a una diversa articolazione degli enti locali.

Sulle soluzioni adottate, per il superamento della provincia, sospendiamo il giudizio. Sulla necessità di superare le province, invece, non sussistono dubbi. In parte le ragioni di questa sentenza negativa sono già state esposte e altre se ne possono trovare.

Una, molto ben documentata, redatta in epoca non sospetta e da soggetto qualificato: la Banca d’Italia, si trova nella Working paper n° 823 del settembre 2011; titolo “Sull’ampiezza ottimale delle giurisdizioni locali: il caso delle province italiane”.

In quello studio, l’autore dimostra cosa è successo laddove sono state istituite nuove province (Lecco, Monza, Verbania, Pordenone, …). Tutta una serie di dati e analisi dimostra che a trarre vantaggio dall’istituzione della provincia è stato il capoluogo, mentre il territorio, al netto degli sviluppi generalizzati, è addirittura arretrato rispetto alla situazione pre-esistente.

Quale articolazione per il territorio?E’, esattamente quello che è successo a Pordenone e … al Friuli occidentale. Ripeto: al netto degli sviluppi che economia, tecnologia, organizzazione, cultura ha portato a tutti.

Infine bisogna ricordare la storpiatura italiana al modello francese, operata dal R.D. Rattazzi n. 3072 del 23 ottobre 1859, che spiega perché, in fondo, i francesi abbiano potuto godere di una buona amministrazione territoriale, nonostante il centralismo insito nel loro modello. Infatti, a far da contrappeso ai 101 departements (province) in Francia hanno mantenuto un ruolo amministrativo, fondamentale per il supporto dei comuni (33.400 in tutto, quindi generalmente piccoli di quelli italiani) i 342 arrondissements(raggruppamenti omogenei di comuni, come i nostri mandamenti). La riforma Rattazzi ha soppresso ogni ruolo amministrativo dei mandamenti (salvo le Preture, soppresse solo qualche decennio fa).

Un altro presidio fondamentale del territorio francese è costituito dalla rappresentanza parlamentare. Infatti, i 577 deputati dell’assemblea nazionale sono eletti in 577 collegi uninominali. In questo modo anche il territorio minuto è concretamente rappresentato e non in balia dei macro collegi plurinominali in cui prevalgono gli interessi e la rappresentanza dei capoluoghi e marginalmente quelli del territorio.

UN MODELLO FEDERALISTICO PER IL GOVERNO DEL TERRITORIO

È il modello vigente (con pochissime differenze sostanziali) in Germania, Svizzera, Austria; Province Autonome di Trento e Bolzano. Posto che come ovunque il Comune è l’istituzione di base questo modello prevede che l’ente immediatamente superiore (intermedio tra comune e regione/land/cantone):

Questa organizzazione degli enti locali è stata il fattore determinante (anche se non unico) dell’armonico sviluppo riscontrabile nei paesi e province citati. Laddove i fenomeni di depauperamento - evidenti in vaste porzioni del FVG - non ci sono stati.